Quando
vinse le elezioni, il Presidente Obama è stato incensato da tutta la stampa
mondiale come se fosse il salvatore del mondo, con la stampa italiana che si è
distinta per la quantità d’incenso utilizzata.
Anche
una privata fondazione, che assegna un premio prestigioso, rimase abbagliata:
non aspettò nemmeno che si insediasse per assegnarglielo.
Bastò
qualche pubblica dichiarazione di intenti (lui avrebbe dialogato con tutti, la
guerra è l’ultima misura da attuare ecc), e gli venne assegnato nientemeno che
il PREMIO NOBEL PER LA PACE: il primo premio assegnato non per ciò che qualcuno
ha fatto, ma per ciò che intende fare.
Con
questa scelta, nell’autorevolezza del Premio Nobel si è aperta una crepa, ma
questo è un altro discorso.
Quando
Obama ha cominciato a governare, le cose sono andate un po’ diversamente, e la
politica “imperialista” dell’America non ha subito scossoni.
Infatti
Obama ha fatto quello che avrebbe fatto qualsiasi altro presidente, perché in
America vi è un forte senso di appartenenza e amor di patria: prima vengono gli
interessi americani, economici o ideali che siano, poi viene il resto.
Siamo
così arrivati alla crisi nordafricana del 2011, e il comportamento di Obama nei
riguardi dell’Egitto ha lasciato perplessi.
Egli
ha detto senza mezzi termini che Mubarak doveva togliersi dai piedi.
Ora, forse Mubarak non era un democratico a 18
carati, ma non dimentichiamo che aveva assunto il potere dopo che il suo
predecessore, Sadat, era stato assassinato dai fratelli musulmani per avere
osato stipulare un trattato di pace con Israele, in seguito al quale vennero
restituiti all’Egitto i territori perduti nella guerra preparata da Nasser per
spazzare via Israele.
Per questo Sadat ha pagato con la vita.
Mubarak, negli anni successivi, aveva continuato la
politica tracciata da Sadat: dialogo con Israele, rapporto privilegiato con
l’Occidente e guerra al terrorismo islamico.
Per questi motivi l’Egitto costituiva uno dei pochi
elementi di stabilità in una regione sempre in ebollizione.
E Obama che fa? Scarica Mubarak in pochi giorni.
Non occorre essere esperti di politica estera per
capire che era una mossa rischiosa, che poteva dare cattivi frutti.
I cattivi frutti sono arrivati, dopo un susseguirsi
degli avvenimenti abbastanza logico: i fratelli musulmani vincono le elezioni
e, giunti al governo, tentano di riportare l’Egitto al Medio Evo, ma la gente
non ci sta, il clima sociale si accende e così l’esercito attua un colpo di
stato che potrebbe sfociare in una guerra civile.
Obama, spalleggiato dagli strateghi europei Sarkozy
e Merkel (l’Italia ha dovuto allinearsi all’Europa obtorto collo) ha ottenuto un grande risultato: trasformare il
paese più stabile della regione in una polveriera.
Complimenti a Obama d’Egitto!
Verissimo cio' che dici Luigi, tant' è che se ben ricordo quando Sadat è stato ucciso dai Fratelli Mussulmani il caro Moubarak gli era di fianco ed è uscito dall' attentato indenne. Ma non bisogna andare fino in Egitto per trovare dei quasi democratici a 18 carati basta guardare la nostra europa dove siamo pieni di autocrati che sono il nuovo volto dell' est che sarebbero nient'altro che il frutto avvelenato dell' eredità dell' URSS. Dove dopo il crollo del muro di Berlino e un'inizio di democrazia ( ma solo inizio ) si è ritornati al conservatorismo autoritario e autocratica del potere. Basta guardare chi comanda in Ungheria, in Romania,Repubblica Ceca, tuuta gente che si ispira ai vari Obama, Putin del quale hanno preso il sapere in politica cioè il peggio. Tutta questa gente Obama escluso considerano gli oppositori dei traditori e degli estremisti ed adoperano contro di essi mezzi che una volta si chiamavano Dittatoriali allo scopo di indurre le opposizioni al silenzio. Ora nel 2013 lo chiamano una quasi democrazia e Paese che sta percorrendo la via Democratica ma che una volta si chiamava in ben altro modo. Comunque concordo con te Luigi che chi ha fatto destituire Moubarak ha fatto un buco nell' acqua.
RispondiElimina