venerdì 30 agosto 2013

referendum giustizia


In questo blog ho pubblicato alcuni articoli riguardanti la situazione della Giustizia in Italia, situazione che non è delle migliori.
Ho l’impressione che l’Italia non sia più, come fu in un tempo lontano, la “CULLA DEL DIRITTO”  ma sia diventata la “CULLA DEL ROVESCIO” , e con questo titolo sono apparsi tre articoli, mentre l’ultimo sulla materia, pubblicato una settimana fa, aveva come titolo “PER CHI SUONA LA CAMPANA”.
Questa premessa per dire che, proprio in questi giorni, il Partito Radicale sta utimando la raccolta di firme per presentare alcuni referendum che potrebbero portare a un miglioramento della situazione.
Ho già pubblicato il PASSAPAROLA “p159 referendum prossimi” del 26 luglio scorso, che elenca i referendum e ne spiega la finalità, e con questo post intendo rinfrescare la memoria dei lettori.
I referendum sono i seguenti.

Responsabilità civile dei magistrati
Si tratta di 2 quesiti che eliminano le norme che esentano i giudici dal risarcimento dei danni cagionati ad imputati innocenti per dolo o colpa grave.

Magistrati fuori ruolo
Si tratta di eliminare la dispersione di magistrati destinati a compiti ministeriali o comunque pubblici, per farli tornare a lavorare per la Giustizia. Ce ne è bisogno!

Contro l’abuso della custodia cautelare
Perché il carcere preventivo si applichi solo a reati gravi.

Separazione delle carriere dei magistrati
Per separare finalmente la magistratura inquirente da quella giudicante, affinchè il giudice giudicante sia veramente terzo e quindi imparziale, e non pubblico accusatore e giudice giudicante a giorni alterni, come avviene oggi.

Per l’abolizione dell’ergastolo
La Costituzione Italiana sancisce che la carcerazione, oltre ad altri scopi, abbia il compito di rieducare il condannato.

Si tratta, a mio avviso, di una ghiotta occasione, anche se un precedente referendum che riguardava solo la responsabilità civile dei magistrati, tenutosi l’8 novembre 1987 e nel quale oltre l’80% dei votanti voleva che la responsabilità civile dovesse valere anche per i magistrati, venne disatteso.

OCCORRE FIRMARE
Gli italiani, tuttavia, potranno manifestare la loro opinione solo se il numero di firme, che dovrà essere presentato entro la metà di settembre, sarà sufficiente, e per questo occorre firmare.
Purtroppo i banchetti, che si vedono spesso anche per cose di poco conto, non si vedono: occorre pertanto recarsi in Comune muniti di carta d’identità e apporre la firma sui documenti relativi.

il presidente non bada a spese


Una delle critiche maggiori alla nostra Costituzione che, lungi dall’essere la più bella del mondo, mostra rughe che ne devastano i lineamenti, è l’eccessivo numero di parlamentari che prevede: 945 per 60 milioni di abitanti, quasi il doppio degli USA, che contano 300 milioni di abitanti ed hanno un territorio che è 30 volte il nostro.
In questo periodo di crisi mondiale, in cui migliaia di imprese chiudono bottega, altre migliaia si spostano altrove, centinaia di migliaia di persone perdono il posto di lavoro, sembrerebbe logico che chi ha delle alte responsabilità lavorasse, ognuno nel proprio ambito, per limitare le spese dello Stato.
In un contesto simile cosa fa la massima autorità dello Stato, ovvero il nostro presidente?
Non trova di meglio che nominare 4 senatori a vita, dopo avere nominato Monti prima di issarlo al governo con quali esiti abbiamo visto: quando se ne è andato eravamo più poveri di quando è arrivato.
Il nostro presidente, che ci parla tutti i giorni di probità e di senso di responsabilità, non ha pensato che il costo di cinque senatori a vita sul gobbo dei contribuenti italiani non sono proprio un bel segnale da dare in un momento così delicato?
La costituzione gli dà la facoltà di nominare 5 senatori a vita, non lo obbliga a farlo.
Non era nemmeno obbligato a nominare Monti, perché il capo del governo può essere anche un privato cittadino, ma ormai l‘avevamo accettato, mentre questa nuova decisione ci lascia attoniti.
Non gli è passato per la testa che un milione e mezzo di euro per pagare quei 5 personaggi siano indigesti per un sacco di gente che fa fatica a sbarcare il lunario?
Nessuno del suo entourage, che conta alcune migliaia di persone tutte debitamente superpagate dai contribuenti, gli ha suggerito di soprassedere?
Evidentemente no.
Comunque noi italiani abbiamo le spalle larghe: sopportiamo tutto e sopporteremo anche questa; saremmo però grati al presidente se in futuro diradasse i suoi pistolotti agli italiani.

martedì 27 agosto 2013

trasporto pubblico 4


Il costo del trasporto pubblico a Modena e provincia

Il precedente post riguardava la annosa questione del costo dei pubblici servizi di trasporto, e di come il cittadino di Modena e provincia non sia mai in grado di capire quanto denaro deve sborsare.
Ovviamente gli articoli a suo tempo apparsi sull’Eco del Panaro non hanno prodotto effetto alcuno: le cose continuano così, sempre uguali, con il cittadino che paga senza sapere quanto, perché se sapesse quanto potrebbe anche chiedersi: “Perché tanto? Non c’è modo di diminuire questo fiume di denaro?”

Ripropongo un articolo pubblicato sull’Eco del Panaro nel marzo 2009 con il titolo IL VERO DEFICIT DI ATCM.
L’articolo tratta anche di quella che all’epoca venne fatta passare come una “privatizzazione” di atcm.



sabato 24 agosto 2013

obama d'egitto




Quando vinse le elezioni, il Presidente Obama è stato incensato da tutta la stampa mondiale come se fosse il salvatore del mondo, con la stampa italiana che si è distinta per la quantità d’incenso utilizzata.
Anche una privata fondazione, che assegna un premio prestigioso, rimase abbagliata: non aspettò nemmeno che si insediasse per assegnarglielo.
Bastò qualche pubblica dichiarazione di intenti (lui avrebbe dialogato con tutti, la guerra è l’ultima misura da attuare ecc), e gli venne assegnato nientemeno che il PREMIO NOBEL PER LA PACE: il primo premio assegnato non per ciò che qualcuno ha fatto, ma per ciò che intende fare.
Con questa scelta, nell’autorevolezza del Premio Nobel si è aperta una crepa, ma questo è un altro discorso.
Quando Obama ha cominciato a governare, le cose sono andate un po’ diversamente, e la politica “imperialista” dell’America non ha subito scossoni.
Infatti Obama ha fatto quello che avrebbe fatto qualsiasi altro presidente, perché in America vi è un forte senso di appartenenza e amor di patria: prima vengono gli interessi americani, economici o ideali che siano, poi viene il resto.
Siamo così arrivati alla crisi nordafricana del 2011, e il comportamento di Obama nei riguardi dell’Egitto ha lasciato perplessi.
Egli ha detto senza mezzi termini che Mubarak doveva togliersi dai piedi.
Ora, forse Mubarak non era un democratico a 18 carati, ma non dimentichiamo che aveva assunto il potere dopo che il suo predecessore, Sadat, era stato assassinato dai fratelli musulmani per avere osato stipulare un trattato di pace con Israele, in seguito al quale vennero restituiti all’Egitto i territori perduti nella guerra preparata da Nasser per spazzare via Israele.
Per questo Sadat ha pagato con la vita.
Mubarak, negli anni successivi, aveva continuato la politica tracciata da Sadat: dialogo con Israele, rapporto privilegiato con l’Occidente e guerra al terrorismo islamico.
Per questi motivi l’Egitto costituiva uno dei pochi elementi di stabilità in una regione sempre in ebollizione.
E Obama che fa? Scarica Mubarak in pochi giorni.
Non occorre essere esperti di politica estera per capire che era una mossa rischiosa, che poteva dare cattivi frutti.
I cattivi frutti sono arrivati, dopo un susseguirsi degli avvenimenti abbastanza logico: i fratelli musulmani vincono le elezioni e, giunti al governo, tentano di riportare l’Egitto al Medio Evo, ma la gente non ci sta, il clima sociale si accende e così l’esercito attua un colpo di stato che potrebbe sfociare in una guerra civile.
Obama, spalleggiato dagli strateghi europei Sarkozy e Merkel (l’Italia ha dovuto allinearsi all’Europa obtorto collo) ha ottenuto un grande risultato: trasformare il paese più stabile della regione in una polveriera.
Complimenti a Obama d’Egitto!

martedì 20 agosto 2013

trasporto pubblico 3


Il costo del trasporto pubblico a Modena e provincia

Nel precedente post riguardante i trasporti ho spiegato che da anni, stando alle dichiarazioni delle forze politiche di maggioranza e di opposizione nonché, quello che più conta, dei giornali locali, non si capisce quanto costi il trasporto pubblico ai cittadini di Modena e provinicia.
Io, nel mio piccolo, ho fatto alcuni articoli per cercare di chiarirlo ma, ovviamente, senza esito.

Uno di questi articoli, che ripropongo, è stato pubblicato sull’Eco del Panaro nel novembre 2007 con il titolo IL CARROZZONE.
Mi scuso per la ripetitività, ma ritengo che l’importanza dell’argomento in questione possa giustificare una o anche più ripetizioni.


lunedì 19 agosto 2013

per chi suona la campana


Un’associazione di magistrati, Magistratura Democratica, non ha mai fatto mistero di avere una finalità politica.
Fin dalla nascita, avvenuta nel 1964, si è proposta di contrastare eventuali scelte, da essa ritenute sbagliate, che l’opposizione non fosse in grado di contrastare, e di prestare estrema attenzione alle dinamiche sociali, con gli aderenti a MD che dovevano scendere in campo come protagonisti e non fare da spettatori.
Queste tesi, elaborate nei loro congressi e rese di pubblico dominio, hanno poco a che fare con il funzionamento di uno Stato di diritto quale è, o dovrebbe essere, l’Italia.
Nello Stato di diritto vi è una netta separazione fra i tre poteri dello Stato: Leglislativo, Esecutivo, Giudiziario.
In uno Stato di Diritto che si rispetti, al profilarsi di un’invasione di uno dei poteri in ambiti che non gli competono, scattano degli antidoti che possono fare anche molto male, come la galera.
Nel 1993 venne varata una legge che modificò, fino a svuotarlo, l’istituto dell'immunità parlamentare, e ciò facilitò un’invasione, peraltro già iniziata, di settori della magistratura negli ambiti che non gli competevano.
Così il potere giudiziario determinò la mappa delle forze politiche, azzoppandone alcune, uccidendone altre e salvandone altre ancora (pochissime).
Oggi, con la legge Severino del 2012, il Parlamento dovrebbe espellere automaticamente chi abbia riportato una condanna definitiva superiore a 2 anni.
In questo modo il potere giudiziario stabilirebbe anche chi è eleggibile e chi no, in barba all’art. 66 della Costituzione che recita:
”Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”.

Ora, che ci sia un problema di strapotere della giustizia in Italia, è sempre più evidente.
Lo riconoscono anche commentatori equilibrati come Panebianco o commentatori che, pur militando in aree politiche affini a quella di MD, riconoscono che si sta passando il limite: esempio classico è quello di Piero Sansonetti, che riguardo lo strapotere della magistratura si esprime senza giri di parole.
Qualche anno fa anche un big del PDS-DS, il Leader Massimo d’Alema, ammise che vi era un problema relativo all’amministrazione della giustizia che si doveva affrontare, ma ultimamente si sentono poche voci, nel mondo della sinistra, che hanno il coraggio di riconoscere che il problema c’è, e tale comportamento è anche comprensibile.
Infatti le botte della magistratura sono sempre ripartite equamente fra i loro avversari, e allora penseranno: “Chi me lo fa fare di intervenire?”.
Il ragionamento è, apparentemente, ineccepibile, ma c’è un ma: le cose non restano mai immobili, e quello che oggi ti sembra scontato potrebbe non esserlo più domani.
Cosa voglio dire? E’ molto semplice.
Ci sono dei principi che non  si possono considerare irrinunciabili solo se ti sono utili, e la divisione dei poteri nello stato di diritto è uno di questi.
Potrebbe anche succedere, anche se è improbabile, che il vento cambi direzione.
Come si fa ad escludere che, un giorno, un gruppo di giovani magistrati che hanno in uggia il comunismo con tutti i suoi derivati, fondino una associazione che diventa influente e che mena botte da orbi a coloro che oggi si sentono immuni dalle “attenzioni” della magistratura?
In questo caso, i “pesci in barile” si pentirebbero amaramente di non avere fatto  nulla per evitare di trovarsi in quella situazione, ma sarebbe troppo tardi.
Nessuno può considerarsi indipendente dal resto del consorzio umano: un’offesa fatta alla dignità di un uomo o di una donna non riguarda solo chi l’ha subita: riguarda tutti noi.
Questo è un concetto molto semplice, reso celebre dalla frase di un libro famoso: “Quando senti la campana suonare a morto non chiederti per chi suona: suona anche per te”.

venerdì 9 agosto 2013

trasporto pubblico 2


Il costo del trasporto pubblico a Modena e provincia



Dal 1° gennaio 2012 non vi è più atcm, che gestiva il trasporto pubblico nella nostra provincia, ma Seta, che gestisce il trasporto nelle provincie di Modena, Reggio Emilia e Piacenza.
Pertanto quest’anno vi sono due bilanci: quello di Seta e quello di Amo di Modena, azienda per la mobilità nella nostra provincia.
Il bilancio che ci interessa maggiormente è quello di Amo, che riguarda i contribuenti di Modena e provincia.
Il bilancio consuntivo 2012 di Amo si è chiuso con un sostanziale pareggio, secondo quanto dichiarato da Amo e ripreso dai giornali locali.
In realtà non è proprio così, perché fra le voci attive di Amo vi è la seguente: contributi in conto esercizio   euro 26.515.242.
Ciò significa che, per lo svolgimento dei servizi, la Regione ha fornito ad Amo la suddetta somma raccolta, ovviamente, dai contribuenti.
Pertanto non di pareggio si tratta, ma di una perdita di oltre 26 milioni di euro solo per il 2012.
Sono anni che le amministrazioni interessate diramano bollettini in cui parlano di pareggio (o quasi) di bilancio come se i contributi pubblici non esistessero, e i giornali locali riprendono tali notizie.
Il contribuente di Modena e provincia è così indotto a pensare che il trasporto pubblico nella nostra provincia gli costi poco o nulla, mentre dovrebbe sapere che gli costa una somma non trascurabile.
Solo sull’Eco del Panaro sono apparsi articoli, negli ultimi anni, che chiarivano ai lettori questo ed altri aspetti legati all’avvento della mano pubblica nella gestione dei trasporti.
Si tratta di aspetti tutt’altro che secondari, e spero di fare cosa utile riproponendoli, di tanto in tanto, ai lettori del presente blog.

Iniziamo oggi con un articolo pubblicato sull’Eco del Panaro nel marzo 2007 dal titolo
ATCM POZZO SENZA FONDO


lunedì 5 agosto 2013

la più bella del mondo 2




“L’Italia è un paese ingovernabile”: è una frase che si sente dire abbastanza spesso.
Effettivamente, dalla fine dell’ultima guerra vi è stato un numero di governi impressionante, con una durata media che, fino all’avvento della cosiddetta “seconda repubblica”, era inferiore a un anno, tempo insufficiente per impostare una efficace azione di governo.
Poi ci siamo illusi di avere trovato il bipolarismo, ma non è ancora vero, perché i potenziali “aghi della bilancia”, in grado di condizionare i governi con una manciata di voti, hanno rialzato la testa.
A rendere difficile governare vi sono anche motivi che fanno parte del nostro modo di essere, come lo scarso senso civico, il menefreghismo, il campanilismo, l’opportunismo ed altri.
Tuttavia, a mio modo di vedere, lo scoglio che ci impedisce di navigare in mare aperto è la nostra Costituzione, inadatta a un paese moderno del nuovo millennio.
Vediamo, a titolo di esempio, alcuni aspetti della Costituzione che lasciano a desiderare.
 
Bicameralismo perfetto
Le Camere sono uguali, e se il testo che approvano ha aggiunto o tolto anche una sola virgola a quello ricevuto dalla precedente Camera, deve ritornarvi, perché il testo deve essere uguale per entrambe.
L’approvazione di una legge richiede, pertanto, tempi lunghissimi e incentiva l’eccessivo ricorso ai decreti-legge.

Il capo del governo
Si tratta solo di un “primus inter pares” rispetto agli altri ministri, tanto che non può nemmeno cambiare un ministro senza fare cadere tutto il governo. Il risultato è la debolezza cronica dell’esecutivo.

Numero parlamentari eccessivo
Abbiamo 945 parlamentari (630 deputati e 315 senatori), senza quelli nominati dai Presidenti della Repubblica. 
Alcuni presidenti hanno stabilito, con scarso senso dello Stato, che quando la Costituzione parla della possibilità che vi siano 5 senatori in più eletti dal Presidente della Repubblica per meriti speciali, intenda dire cinque per ogni presidente.
Ora, facciamo l’ipotesi che si susseguano 10 presidenti ciascuno dei quali, dopo sei mesi dall’elezione, muore. Ebbene, se ognuno di questi nominasse 5 senatori a vita ci ritroveremmo, dopo 5 anni, con 50 senatori in più.
Per di più, i nostri parlamentari sono già il doppio di quelli degli USA, paese più grande e più importante del nostro, ma da noi si pensa di incrementarli, come ha fatto Napolitano con Monti, per il quale il contribuente deve sborsare quasi 300 mila euro l’anno.

Assenza di vincolo di mandato per i parlamentari
La nostra carta stabilisce che il parlamentare eletto non debba rendere conto a nessuno del suo operato.
Come dire: io ti presento un programma che ti soddisfa e tu mi dai il voto poi, quando sono stato eletto, lavoro per un programma opposto a quello per cui mi hai votato, e se protesti ti faccio pure un gestaccio, perché la mia virata di 180° mi è permessa dalla Costituzione.

Lentezza dei processi
Un processo difficilmente riesce a concludersi entro 10 anni: sono tempi inaccettabili che, oltre a mortificare il bisogno di giustizia della società, scoraggiano gli investimenti di società straniere che non se la sentono, in caso di ricorso alla giudice, di aspettare anni.

Magistratura inquirente e giudicante
Attualmente giudici inquirenti e giudicanti lavorano insieme, negli stessi uffici, e si frequentano dentro e fuori il palazzo, con quanta garanzia di imparzialità per l’imputato è facile immaginarlo.
Occorre separare le suddette carriere nell’interesse di colui che chiede giustizia: chi giudica deve essere “terzo” rispetto all’inquirente e all’imputato, non compare di una delle parti in causa.

Responsabilità civile per i magistrati
Nonostante il referendum dell’8 novembre 1987 abbia stabilito che debba essere introdotta, è stata driblata dal parlamento, e finora nessun giudice ha mai pagato di tasca propria per errori commessi per dolo o colpa grave.

Si tratta solo di alcuni esempi che anche un cittadino non addetto ai lavori vede e tocca con mano: credo però che siano sufficienti a farci capire che la Costituzione attuale è ormai obsoleta, checchè ne dica l’ACI (associazione comici italiani).
Un comico famoso, Benigni, pochi mesi fa ha fatto una trasmissione sulla Costituzione intitolandola “la più bella del mondo”.
Francamente, dà fastidio che un comico, sulla RAI e percependo una somma astronomica pagata dagli utenti, faccia l’apologia di una costituzione obsoleta.
Vi è invece un suo collega, Grillo, che è pienamente autorizzato ad esprimersi sulla materia.
Egli infatti rappresenta la speranza di milioni di italiani che l’hanno votato perché finalmente modernizzi l’Italia, e ha dichiarato che quello che sta facendo l’attuale governo per modificare la Costituzione è “un attentato alla Costituzione”.
Faccio un passo indietro: il 25 giugno 2006 venne fatto un referendum confermativo di una legge di revisione costituzionale già votata dal Parlamento ma senza maggioranza qualificata.  Ebbene, il  segretario DS (democratici di sinistra) Fassino, contrario alla conferma della suddetta legge, in campagna elettorale si rivolse agli elettori invitandoli a votare NO per evitare un “attentato alla Costituzione”.
Complimenti a Grillo: dopo essere riuscito ad accreditarsi come il rinnovatore assoluto, in grado di mandare a lavorare tutti i vecchi marpioni della politica, assomiglia ogni giorno di più a Fassino!



 











                                                                                                       
Qui sopra, a sinistra Benigni e a destra Grillo
In alto: la firma del 1° Presidente della Repubblica Enrico de Nicola (1947)

se fossi silvio berlusconi


Se fossi Silvio Berlusconi, chiederei di essere assegnato ai servizi sociali.
Il perché è, a mio modo di vedere, molto semplice: una persona così importante ridotta a rendere piccoli servizi a persone in difficoltà, o ad aiutare bimbi e anziani ad attraversare la strada, susciterebbe un grande senso di tenerezza nei beneficiari dei suoi servizi e non solo.
Infatti, un grande che cade, a meno che si tratti di un grande criminale che abbia ucciso o martoriato intere popolazioni, è visto con compassione più che con disprezzo, ed entra nel novero di quelle personalità che la “pietas” pubblica non dimenticherà mai.
Faccio solo due esempi, uno vero ed uno finto.
Alexander Dubceck, capo del governo cecoslovacco ai tempi della cosiddetta “Primavera di Praga”, ovvero una strada nuova che egli cercava di intraprendere per ammodernare il suo paese anche affrancandolo dalla “fraterna amicizia” di Mosca, venne arrestato. 
Era il 1968 e i carri armati sovietici rimisero le cose al loro posto.
A Dubcek, dopo la “normalizzazione”, venne affidato il ruolo di “netturbino”, mestiere rispettabile come tutti gli altri mestieri ma che, affidato ad un capo di Stato, suonava come una umiliazione che doveva servire di monito a chiunque osasse imbarcarsi in simili imprese.
A Dubceck andò comunque meglio del collega ungherese Imre Nagy, capo del governo ai tempi dell’insurrezione del 1956, che  fu impiccato.
Altro personaggio mitico è il capitano della STASI Gerd Wiesler, interpretato magistralmente da Ulrich Mühe che, nel film LE VITE DEGLI ALTRI, si ribella allo spionaggio gratuito teso solo a rovinare la gente, e per questo verrà promosso “postino”, mestiere più che rispettabile ma che, affidato ad un capitano che fino al giorno prima poteva incidere pesantemente nelle vite degli altri, suonava come una pesante umiliazione.
In questo caso si tratta di una vicenda immaginaria che, se non proprio vera, è comunque assai verosimile.
In questi casi, la vittima sacrificale assume un’aura di grandezza presso milioni di persone.
Per questo motivo, secondo me, Silvio Berlusconi dovrebbe chiedere di essere assegnato immediatamente ai servizi sociali: ne avrebbe un grosso vantaggio di immagine che potrebbe anche trasformarsi in maggior consenso elettorale.



Capitano Gerd Wiesler (Ulrik Mühe)



Alexander Dubceck 












                      



venerdì 2 agosto 2013

il volere di zeus


E COSI’ DI ZEUS ADEMPIASI L’ALTO CONSIGLIO

Finalmente Berlusconi è in galera. Il fatto che non ci vada fisicamente è secondario: politicamente lo hanno ucciso, o hanno creduto di farlo.
Grillo, da grande innovatore qual è, ha detto che, finalmente, Berlusconi è morto.
Complimenti a Grillo: l’unica voce liberale, in un parlamento tanto affollato quanto ingessato, per lui è meglio che si tolga dai piedi e farà di tutto perché ne esca.
Pure Epifani, nuovo segretario PD e sincero democratico (non a caso è stato a capo di CGIL), ha detto che la giustizia deve rapidamente seguire il suo corso, ed è una dichiarazione che gli costa poco perché sa di giocare in casa: mentre Berlusconi va in galera, da Siena si apprende che il PD non c’entrava nulla con la conduzione del Monte dei Paschi.
La magistratura va perciò rispettata nell’uno come nell’altro caso. E poi perché non dovremmo credere che il PD a Siena non contava nulla?
Se abbiamo creduto che Primo Greganti aveva in tasca un miliardo per una commissione richiestagli da un amico, e se abbiamo creduto che i vertici del PCI-PDS non sapevano nulla del miliardo lasciato da Gardini a via delle botteghe oscure, perché non dovremmo crederci?

ZEUS
Ma Zeus chi è?
Zeus, come tanti altri Dei, può presentarsi con mille facce, perciò non si può dargli un nome.
Può annidarsi nei derivati del PCI, nell’Associazione Reduci Garibaldini, nell’ANM, nei poteri forti che tengono il cuore a sinistra e il portafoglio a destra, nell’ANPI, nel Rotary Club, nella CGIA di Mestre, nell’Istituto Gramsci, nell’Associazione Mobilieri della Val Brembana, nell’ABI, dentro a M5S, dentro a MD, nell’Arci gay, in qualche parroco guerrigliero, nel CSM, nell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano, nei grandi sindacati CGIL-CISL-UIL, nella Consulta: insomma, non è possibile dargli un nome.

Comunque sia, Zeus ha impiegato un sacco di tempo e ciò si può spiegare solo con la quantità di volti che ha dovuto assumere di volta in volta, perché l’imput era partito immediatamente: nella primavera del 1994 il leader Massimo d’Alema dichiarò pubblicamente che, se Berlusconi entrava in politica, l’avrebbero ridotto a chiedere l’elemosina.
La strada è quella buona: prima la galera e poi, eventualmente, l’esproprio, che ha già avuto un inizio cauto ma non troppo con la sentenza del lodo Mondadori.
Certo, è una sentenza un po’ strana.
In un paese di evasori incalliti, mettere in galera per frode fiscale uno dei maggiori contribuenti, fondatore di un’impresa che versa allo Stato quasi un milione di euro al giorno di tasse, lascia perplessi.
E vi è un altro aspetto che è poco comprensibile per il cittadino normale, e riguarda Fedele Confalonieri.
Ora, Confalonieri era (ed è ancora) il Presidente, ovvero il legale rappresentante di Mediaset, la società che ha commesso gli illeciti che hanno portato alla condanna di Berlusconi.
Ebbene, Confalonieri è stato assolto perché il fatto non sussiste, e il cittadino non riesce a capire e si chiede: come fa il presidente di Mediaset ad essere innocente? Non firmava lui i documenti? Li firmava senza leggerli? Gli impedivano di leggerli? Non gli interessavano?

L’assoluzione di Confalonieri, in una vicenda nella quale viene condannata l’impresa di cui è presidente senza che lui sappia nulla delle irregolarità avvenute, equivale ad una attestazione di stoltezza, che fa a pugni con la statura intellettuale e morale del personaggio.
Viceversa, se non è stato commesso alcun reato, perché sono stati condannati Berlusconi e i dirigenti di Mediaset Daniele Lorenzano e Gabriella Galetto?
Sono interrogativi abbastanza ovvi ma, si sa, quando Zeus ha deciso, così deve essere.