venerdì 8 aprile 2016

2166 firme anti fusione


Il giorno 6 aprile scorso ha avuto luogo, al Roadhouse Grill, una conferenza stampa indetta dal “Comitato Spilamberto no fusione” per fare il punto della situazione a conclusione della raccolta di firme destinate a contrastare la fusione dei Comuni.
Il numero di firme, molto atteso, è stato svelato: 2166 raccolte in 57 giorni.
Si tratta di un numero di firme ragguardevole, in un paese di poco più di 12000 abitanti nel quale, alle ultime elezioni regionali, i votanti sono stati 3872.
Senza contare il cosiddetto effetto moltiplicatore, per il quale ad ogni firma si aggiunge almeno un familiare.
È stata anche un’occasione per ribadire i principali motivi che hanno indotto un gruppo di 28 cittadini di Spilamberto ad unirsi per formare il Comitato Spilamberto no fusione: un gruppo molto eterogeneo, formato da persone con storie personali e con opinioni talvolta molto diverse fra loro ma con un collante che li unisce: la difesa della Storia della Comunità di Spilamberto.
Si è parlato diffusamente degli aspetti economici della vicenda, dal momento che i promotori del progetto di fusione dichiarano di volere fare risparmiare denaro ai Comuni interessati.
Il Comitato ribadisce e spiega che un Comune Unico di 90 mila abitanti costerebbe ai cittadini più dei singoli Comuni attuali.
Vi sono infatti studi del Ministero dell’Interno, che ho già pubblicato su questo blog allegati al post “Il liquidatore 2” del 28 ottobre 2015, che stabiliscono che i Comuni ideali, quelli cioè che hanno il costo pro-capite più basso per il funzionamento della macchina comunale, sono quelli compresi fra 5000 e 20000 abitanti: al di sotto e al di sopra di questa fascia i costi aumentano progressivamente. Non a caso il citato studio del Ministero ipotizza i benefici derivanti dall’accorpamento solo dei Comuni al di sotto dei 3000 abitanti per arrivare, possibilmente, sui 5 o 6 mila.
Da un punto di vista economico è pertanto inopportuno sopprimere un Comune come Spilamberto che, con 12000 abitanti, rientra nella fascia più virtuosa.
Circa i contributi che lo Stato verserebbe in caso di fusione, forse non bastano nemmeno a coprire le spese per il riassetto degli edifici dei vari Comuni che cambiano destinazione, per l’adeguamento del sistema informatico in rete e quant’altro, e inoltre durano solo 10 anni, dopodichè il mega-Comune sarebbe più costoso e più lontano dai cittadini.
E’ stato poi sottolineato che l’eventuale fusione relegherebbe il Comune di Spilamberto, un paese con ottocento anni di Storia, al ruolo di località, un paese dormitorio senz’anima e senza Storia.
Infine il Comitato ha indicato le prossime mosse in cantiere.
Ai consiglieri comunali chiede di non votare ipotesi di fusione, per la quale vi è un evidente deficit di Mandato.
Infatti, della fusione non vi è traccia non solo nel programma elettorale dell’attuale amministrazione, ma nemmeno nel Programma di Mandato votato dall’attuale Consiglio comunale nel settembre 2014.
Alle autorità regionali chiede di rispettare l’esito dei referendun dei singoli Comuni.
Infine il Comitato non esclude un possibile ricorso al TAR e/o alla Corte Costituzionale se la situazione dovesse richiederlo.
Erano presenti alcuni giornali e tv locali che hanno divulgato quanto emerso nella conferenza stampa, mentre il Comitato era rappresentato da una delegazione di sei componenti guidati da Omer Bonezzi (al centro nella foto).