martedì 29 aprile 2014

decennio lamandini in scadenza


Nell’estate del 2005, dopo un anno abbondante dall’elezione di Francesco Lamandini a Sindaco di Spilamberto, gli chiesi se mi concedeva un’intervista, ed egli accettò. Così, il 18 agosto 2005 mi presentai nel suo ufficio e gli feci l’intervista.
Ne uscì un articolo a tutta pagina, pubblicato su “Fatti Nostri” dell’ottobre 2005 e su “L’eco del Panaro” del Novembre 2005, che riproduco integralmente.
Credo che sia un documento interessante che consente di fare un paragone fra le aspettative dell’inizio e la realtà di fine mandato.
Ora, il doppio mandato del sindaco si avvia al termine.
In questi dieci anni, Lamandini ha fatto sicuramente molte cose utili, ma non sto ad elencarle perché vi ha già provveduto egli stesso nell’ultimo numero del giornale  dell’amministrazione “Il Comune informa”.
Naturalmente, nel corso di un lungo periodo nel quale si ha la responsabilità di fare tante scelte, tutti possono commettere errori, e il Sindaco Lamandini non ha fatto eccezione.
Voglio citare solo tre vicende che, secondo me, possono essere considerate errori.
Mi riferisco all’abbattimento del caseificio di San Pellegrino, alla viabilità nella zona Conad e all’installazione delle calotte intelligenti.

Abbattimento del caseificio 
E’ avvenuto sabato 16 dicembre 2006 fra le ore 13.00 e le ore 13.30 e ha provocato perplessità e malumori anche all’interno della compagine di governo locale.
In seguito a quell’avvenimento, si dimise il capogruppo della maggioranza in Consiglio comunale.





Viabilità nella zona Conad
Ha provocato molte proteste.
Una petizione al Comune, corredata di 327 firme e contenente proposte di modifiche, è stata ignorata e tutto è rimasto così com’è oggi, con un marciapiede che finisce dentro una rotonda e con l’istituzione di una circonvallazione per pedoni, forse la prima al mondo.





Installazione delle calotte “intelligenti”
Ha provocato quasi una sollevazione popolare. Queste calotte, che costituivano la sublimazione della sudditanza dell’individuo di fronte al potere, sono state già tolte.



domenica 27 aprile 2014

l'archivio di spilamberto 2


Le voci che circolavano sullo spostamento dell’archivio di Spilamberto a Vignola non erano campate in aria.
Si tratta infatti di un progetto già realizzato, come ha spiegato, mercoledì 23 aprile scorso, il vicepresidente Pesci della Fondazione di Vignola.
Prima dell’incontro, Pesci ha mostrato ai presenti il nuovo archivio già pronto e, mentre spiegava la funzione delle varie stanze, usava l’indicativo per passare, ogni tanto, al condizionale.
Evidentemente si ricordava, di tanto in tanto, che nella lettera inviata ai frequentatori degli archivi la Fondazione parlava di progetto in fase di sviluppo e di auspicata condivisione del progetto da parte degli invitati.
Poi, quando è iniziato l’incontro, sono caduti tutti i dubbi: quel progetto è costato quasi 2 milioni di euro e, prima di spenderli, la fondazione ha voluto l’adesione dei sindaci interessati alla creazione di quella struttura collettiva, inglobante gli archivi di Vignola, Spilamberto, Savignano, Marano, Castelnuovo e Castelvetro.
Poi la parola è passata al pubblico presente, e l’intervento molto critico del Presidente del Circolo Culturale “Il Torrione” Graziano Giacobazzi, poi quello più sfumato della ricercatrice-scrittrice Criseide Sassatelli, hanno dimostrato che i cittadini meno felici per questa scelta archivistica sono quelli di Spilamberto.
Ha poi preso la parola Vitale, della Soprintendenza, che ha trattato la questione esclusivamente dal lato tecnico.
E’ così emerso che la Soprintendenza non ha obbligato nessuno a fare alcunchè: un archivio può essere situato dovunque, purchè abbia le caratteristiche stabilite dalle leggi e dai regolamenti vigenti.
Tuttavia vi sono, in questa vicenda, due aspetti poco chiari.
Il primo è perché la Fondazione abbia preso l’iniziativa di un progetto così importante.
Infatti il suo ruolo è di favorire progetti meritevoli di sostegno, non di fare scelte che competono alle istituzioni.
E perché tanto interesse per il nostro Archivio mentre la Chiesa di Santa Maria degli Angeli, proprietà della medesima Fondazione dal 1997, è abbandonata in condizioni pietose?
In secondo luogo non si capisce perché tale scelta, molto importante per le varie comunità, non sia stata spiegata ai cittadini prima di essere attuata.
Infatti, sul piano strettamente tecnico, la citata scelta non è priva di aspetti logici e logistici di una certa importanza.
Quella che è stata totalmente ignorata è la sensibilità dei cittadini di Spilamberto, che nel dopoguerra si sono visti spogliare, a favore di Vignola, di molti servizi.
Questo ennesimo esproprio silenzioso ha creato molti malumori.
Ora, pare di capire che la scelta non sia ancora stata ufficializzata, e vedremo nelle prossime settimane cosa succederà.

Nella foto in alto l’edificio, già appartenuto alla CRV, che la Fondazione di Vignola ha acquistato per ospitarvi gli archivi di alcuni Comuni delle Terre di Castelli, fra i quali Spilamberto.

mercoledì 23 aprile 2014

fs - la leggenda dell' "utile"


Nell’estate del 2013 ho pubblicato alcuni articoli sui trasporti locali, in particolare sui costi enormi della gestione pubblica, costi che devono essere ripianati dai cittadini.
Vi era tuttavia un aspetto che mi lasciava sconcertato, e cioè che sugli organi di stampa si leggeva, ogni anno, che atcm aveva avuto un utile di bilancio oppure aveva chiuso in pareggio. Era una bugia perché, fra le attività di bilancio, figuravano i contributi pubblici come se fossero stati prodotti dei servizi svolti, e invece erano soltanto sovvenzioni pubbliche a fondo perduto.
Ebbene, poche settimane fa, quando il governo voleva diminuire gli stipendi degli amministratori di aziende pubbliche, insorse l’amministratore delegato di fs, minacciando di andarsene all’estero se gli abbassavano la paga.
A questa “querelle” seguirono alcuni articoli di importanti giornalisti, nonché interviste di personalità del mondo delle imprese e della politica, che sostanzialmente dicevano: “Moretti ha ragione, ha riportato in attivo il bilancio di fs e deve essere pagato adeguatamente”.
A me sembrava di sognare, leggendo quelle dichiarazioni.
Ma come - mi chiedevo - le fs sono come 100 di quelle fabbriche di debiti che sono le imprese pubbliche locali, come fanno a chiudere in utile?

E non si può certo dimenticare una delle battute più celebri di Andreotti: “I matti si dividono in due categorie: quelli che credono di essere Napoleone e quelli che credono di potere risanare i conti delle ferrovie dello Stato”.
Se Moretti avesse compiuto una cosa simile, avrebbe compiuto un miracolo.
Allora mi sono documentato, e ho avuto la conferma che si trattava di una bugia: le cose stanno esattamente come per i trasporti locali. Evidentemente i giornalisti che scrivono su questa materia non leggono i bilanci, e non fanno un buon servizio per i lettori.
Riguardo fs, ho trovato uno studio dell’Istituto Bruno Leoni che riporta due tabelle dalle quali risulta il denaro versato dallo Stato al gruppo fs dal 1992 al 2012, sia in conto esercizio (per il normale funzionamento dei servizi) che in conto capitale (investimenti per le infrastrutture).
Sono felice di proporre il riassunto di queste tabelle, i cui dati sono stati ricavati dai bilanci fs e dalle relazioni della Corte dei Conti, dal quale emerge che le fs hanno ricevuto dai contribuenti italiani, nei 21 anni considerati, 207 miliardi di euro, con una media annua di quasi 10 miliardi l’anno (una manovra finanziaria).
Credo che parlare e scrivere di “utile di bilancio”, in una situazione simile, sia del tutto fuori luogo.
E credo anche che se Moretti dovesse andare all’estero, gli italiani se ne farebbero una ragione.

mercoledì 16 aprile 2014

colpo di stato permanente


E’ il titolo di un libro, uscito oggi, che tratta dell’operato del Presidente della Repubblica negli ultimi tre anni.
L’autore dà un ritratto del Presidente poco edificante, in quanto ritiene che tutta l’operazione di annientamento di Berlusconi sia stata pensata, voluta e condotta da Napolitano. Non si può nemmeno dire che il libro getti ombre sul Presidente, perché le ombre esistevano già.
Prima Fini che manda a ramengo il neo costituito PDL.
Poi fonda un nuovo partito ma resta presidente della Camera senza che Napolitano abbia nulla da obiettare.
Poi la salita artificiosa dello “spread”, il Dio spread di fronte al quale gli italiani si dovevano inchinare e, contestualmente, il processo Rubi per sfruttamento della prostituzione.
Nella salita dello spread il presidente si avvaleva dei poteri forti, mentre per le escort vi era una rete di intercettazioni da fare invidia alla STASI, la polizia politica della Germania Comunista, divenuta famosa con il film “Le vite degli altri”.
Fra i poteri forti l’autore inserisce, oltre al Presidente Napolitano, Carlo de Benedetti - editore svizzero del gruppo l’Espresso-Repubblica, il duo Bazoli (banca Intesa San Paolo e Corriere della sera)-Passera, che allora guidava Intesa San Paolo. All’estero i poteri forti vengono individuati nella troika: Commissione Europea, Banca Centrale europea e Fondo Monetario Internazionale.
E torniamo ai fatti.
Dopo avere “convinto” Berlusconi a mollare, nel novembre 2011, il Presidente aveva già pronto un altro “cavallo” fin dall’estate precedente: Monti, che il Presidente presentò agli italiani come il salvatore della Patria.
Questo “cavallo”, preventivamente nominato senatore (mi viene in mente Caligola), governò per oltre un anno riuscendo a peggiorare una situazione che era già critica.
Nel frattempo la procura di Milano faceva cose bislacche, come mandare sotto accusa tutti i testi della difesa, ben 44, nel processo Rubi, e condannando alla galera Berlusconi per evasione fiscale mentre il presidente di Mediaset, la società rea, veniva ritenuto estraneo ai fatti.
Poi arriviamo alla cronaca recente, con Napolitano che vuole le larghe intese e deborda ripetutamente dai limiti del suo ruolo istituzionale, come quando convoca i capigruppo parlamentari per cambiare la legge elettorale.
Dicevo all’inizio che questo libro non getta ombre sull’operato del Presidente, semplicemente perché le ombre c’erano già.
Infatti, oltre ai sospetti provocati dalla concatenazione degli eventi, sono recentemente apparsi anche due libri che concordano, almeno in parte, con le tesi sostenute dall’autore del presente libro: uno di Alan Friedman - Ammazziamo il gattopardo - e l’altro di Giulio Tremonti - Bugie e verità.

 

Autore Paolo Becchi    

Docente di filosofia pratica e bioetica all’Università di Genova.
Becchi è stato considerato l’ideologo del M5S, ma è una etichetta che respinge, e anche Grillo ha chiarito che questa voce non ha fondamento.
Si tratta di un saggio snello - 96 pagine - edito da Marsilio.
In libreria al prezzo di 9 euro. 

giovedì 10 aprile 2014

primarie pd viste da messer filippo


Ricevo, e pubblico volentieri, un’interessante lettura di Messer Filippo della vicenda primarie del PD del 2 marzo scorso.

Sono Messer Filippo e, come ben sapete, da qualche secolo osservo Spilamberto da una postazione privilegiata: il torrione. Dall’alto vedo tutto ed ho il vantaggio di essere invisibile: è per questo che nulla di quanto accade a Spilamberto può sfuggirmi.
Negli ultimi mesi, l’avvicinarsi delle elezioni comunali ha scatenato una bagarre generale.
Il partito che governa Spilamberto, il PD, ha dovuto fare le primarie, ubbidendo a una scelta fatta a livello nazionale.
Si è trattato di un avvenimento di grande coinvolgimento popolare.
Vi erano due contendenti, e le primarie sembravano elezioni vere, perché chi le vinceva diventava, quasi certamente, sindaco.

Il candidato favorito
Daniela Barozzi era sostenuta dal PD e da buona parte della popolazione perché conosciuta come persona onesta e culturalmente preparata.
Molti pensavano che avrebbe vinto facilmente, ma è anche vero che nelle competizioni, sportive e non, chi parte con il vantaggio del pronostico rischia sempre molto.
Nel mondo degli stranieri era conosciuta per il ruolo di assessore ricoperto per anni, ma ho notato che non voleva dare l’impressione di utilizzare queste persone, spesso in difficoltà, a sostegno della propria bottega: per questo motivo si è astenuta dall’arruolarli in massa.
Era convinta di poter fare un buon lavoro nell’amministrare il paese in cui è nata, e ha fatto una campagna appassionata, attorniata da un folto gruppo di giovani.
Certo, era la vice di Lamandini, un sindaco non molto amato dagli spilambertesi, e non ha mai cercato di nasconderlo per comprensibili motivi, non solo etici ma anche estetici.
Ovviamente, il fatto di rappresentare la continuità con l’amministrazione in carica costituiva un fattore di rischio.

Il candidato outsider
Il suo rivale era Umberto Costantini, un giovane outsider che non aveva niente da perdere perché una sua sconfitta sarebbe stata più che giustificata. Anch’egli veniva dalla stessa forza politica, essendo stato eletto, nel 2009, nella stessa lista della Barozzi e del sindaco Lamandini.
Nelle primarie, tuttavia, non aveva il PD a sostenerlo, ma alcune “prime donne” del mondo culturale, più qualche vecchio arnese della politica locale e, infine, il mondo che ruota attorno alla parrocchia, dove l’outsider istruiva i giovani boy-scout.
Fra i suoi sostenitori vi era chi faceva campagna non tanto pro Costantini, ma soprattutto contra la Barozzi, ammonendo che ella non poteva diventare sindaco perché il di lei padre era stato fascista, e questo mi è sembrato un argomento del tutto fuori luogo.
Infatti tutti sanno che nel dopoguerra, a Spilamberto come altrove, importanti cariche pubbliche sono state ricoperte da uomini che avevano militato essi stessi nel partito fascista, figuriamoci che senso ha tirare in ballo un padre dopo settant’anni.
Ma torniamo a bomba.
L’outsider si muoveva molto bene: sceglieva i punti critici dell’amministrazione, pungolava gli scontenti e assicurava che, con lui, sarebbe cambiata la musica.
E’ riuscito così a compiere un piccolo capolavoro: far credere a un sacco di gente di non avere nulla a che fare con l’attuale amministrazione.
Ma il vero colpo da maestro, preparato con la massima cura, era l’asso che teneva nascosto nella manica: il voto degli extracomunitari, categoria che in campagna elettorale aveva praticamente ignorato.
Costoro sono accorsi in massa per sostenerlo votando a Spilamberto, mentre avrebbero dovuto andare a San Vito, secondo il regolamento che il PD aveva diffuso. Come mai?
Ho sentito l’outsider, alla vigilia del voto, proporre che, se qualche extracomunitario si fosse presentato a Spilamberto per votare, venisse accettato perché poteva essere nell’impossibilità di raggiungere San Vito.
La sua proposta fu accolta, ma “qualche extracomunitario” diventarono un esercito, e la loro fila davanti al seggio, durata tutto il piovosissimo giorno, ha anche dissuaso parecchi spilambertesi dal votare.

Il risultato finale
Umberto Costantini, l’outsider, ha vinto nettamente le primarie e sarà il candidato sindaco per la lista del PD e dintorni.
Lo attende un radioso futuro da leader politico, perché ha tutti i pregi e anche i difetti (a volte più importanti dei pregi) per riuscirvi.

Le opposizioni
Ho visto un certo movimento anche fra le attuali opposizioni.
Hanno formato una lista unica, ma hanno atteso la fine delle primarie PD prima di divulgare la notizia.
Infatti erano interessati all’esito delle citate primarie, e ho sentito alcuni loro esponenti esortare la gente a votare per Costantini.
Forse pensavano, con la candidatura di Costantini a sindaco, di avere più possibilità di vincere, specialmente nel caso di spaccature interne al PD.
Effettivamente, dopo le primarie è nata un’altra lista di sinistra, che potrebbe togliere voti a Costantini, ma è nata anche quella di M5S, che potrebbe togliere voti alle attuali opposizioni.
La situazione, a meno di due mesi dal voto, è comunque incerta, e si preannuncia una lotta all’ultimo sangue.
Come sempre io, Messer Filippo, vedrò dall’alto, con più distacco rispetto a voi vivi, l’evolversi delle cose.
Devo però ammettere che, come mi accade assai di rado, sono curioso di vedere come andrà a finire.
 

lunedì 7 aprile 2014

l'archivio di spilamberto


Circola voce che l’Archivio Storico di Spilamberto stia per essere trasferito a Vignola.
La prima reazione che si ha, al sentirlo dire, è quella che si riserva a una battuta.
Poi, quando la voce si arricchisce di particolari, si capisce che è qualcosa di più serio che non fa affatto ridere.
Pensare di togliere a Spilamberto il suo Archivio, contenente milioni di documenti che dal 1475 testimoniano l’evoluzione della nostra Comunità, vuol dire tranciare le nostre radici, e credo che possa essere definito, senza mezzi termini, un suicidio culturale.
Infatti, se questa ipotesi dovesse avverarsi, l’Archivio di Spilamberto verrebbe consultato, in futuro, solo da storici professionisti i cui studi dovessero riguardare, in tutto o in parte, Spilamberto.
Verrebbe meno, invece, la consultazione dei dilettanti, ovvero di coloro che per curiosità culturale e per attaccamento alle proprie radici, vanno all’archivio e scavano, fino ad aquisire e divulgare migliaia di notizie e notiziole riguardanti il nostro passato.
Questo piccolo esercito di ricercatori non andrebbe mai a documentarsi sulle proprie radici in un paese vicino, perché ogni volta rinnoverebbe l’amara sensazione di essere stato defraudato di qualcosa che gli apparteneva.
E ciò sarebbe un guaio, perché questo tipo di consultazioni sfocia, talvolta, in libri che il Comune apprezza e incentiva se è vero, come è vero, che ne è quasi sempre l’editore.
Questo aspetto viene spesso sottolineato dalle autorità, come è avvenuto il 28 marzo 2014 alla presentazione di un libro di Criseide Sassatelli.
In quell’occasione il Sindaco ha spiegato l’importanza dell’apporto di tanti ricercatori locali, e ne ha anche citati alcuni, che hanno un ruolo fondamentale nello studio delle nostre radici.
Per questi motivi voglio continuare a pensare che si tratti di un progetto in corso di valutazione e non di una decisione già presa perché, in quest’ultimo caso, inizierebbe un inesorabile processo di marginalizzazione del nostro Archivio Storico e, contestualmente, un processo di impoverimento delle cognizioni che abbiamo delle nostre radici.