giovedì 28 agosto 2014

una buona notizia

Di seguito viene riprodotto un articolo apparso sul quotidiano “il Giornale” del 12 agosto scorso. E’ una vicenda che mi ha colpito e mi ha ispirato alcune considerazioni. L’articolo riporta una bella notizia e, nel mondo giornalistico, si usa dire che una bella notizia non fa notizia. Perché la gente acquisti un quotidiano occorrono notizie brutte, o pessime o, meglio ancora, raccappriccianti: di questi tempi, purtroppo, ce ne sono in abbondanza.
E allora, se le notizie buone sono rarità, perché non sono considerate per quello che sono, ovvero eventi eccezionali da pubblicare con il dovuto rilievo?
Perché, nel giornalismo, una merce rara non vale niente come invece avviene in tutti i settori, dall’economia all’arte, dal collezionismo all’antiquariato ecc. ?
Vi è poi un aspetto sorprendente in questa storia a lieto fine: il cagnetto deve essere stato in grado di fare un ragionamento, piccolo fin che si vuole, ma pur sempre un ragionamento.
Resosi conto che la situazione era senza sbocchi, è tornato al villaggio a cercare aiuto ed evidentemente si è fatto capire, dal momento che è partita una squadra di soccorso che è riuscita a chiudere felicemente una situazione disperata.


martedì 26 agosto 2014

zanzare 15


ATTENTI ALLE CURE!
Guardando l’insegna di una farmacia, e leggendo l’elenco di alcuni metodi curativi, non ho potuto evitare di vedere le due bandiere che incorniciavano le insegne.
Allora, istintivamente, ho sperato che non abbiano nulla a che fare con la “cura” delle persone. Infatti quelle bandiere, e ciò che rappresentano, quando hanno “curato” qualcuno, gli hanno sempre fatto pochissimo bene.

 foto scattata il 24 agosto 2014

giovedì 14 agosto 2014

un ricordo di federico orlando


Nei giorni scorsi è morto Federico Orlando, un nome che ai più giovani dirà poco o niente.
Orlando, laureato in Giurisprudenza, era un giornalista di un certo livello, di impostazione ideologica liberale.
Il suo percorso professionale lo portò dalla provincia di Campobasso, dove era nato, a Roma, dove collaborò con “Il Messaggero” e con “Il Giornale d’Italia”.
Poi il balzo professionale con “Il Giornale Nuovo”, quotidiano nato nel 1974 ad opera di un folto gruppo di transfughi dal “Corriere della Sera” che, in quel periodo, somigliava sempre più alla “Pravda”.
A Milano il suo sodalizio con Montanelli si consolidò fino a farne il condirettore del quotidiano, nel frattempo ribattezzato “Il Giornale”.
Poi, nel gennaio del 1994, Orlando seguì Montanelli quando questi, dimessosi da direttore de “Il Giornale”, fondò un nuovo quotidiano, “La Voce”, il cui titolo si rifaceva alla rivista di cultura e politica fondata da Giuseppe Prezzolini nel 1908.
La Voce” di Montanelli non ebbe la stessa fortuna, e chiuse i battenti dopo circa un anno piuttosto tribolato.
In seguito Orlando, che molti anni prima era stato dirigente del P.L.I - Partito Liberale Italiano - guidato da Giovanni Malagodi, decise di tornare in politica scegliendo il PDS, nelle cui liste fu eletto deputato.
La sua scomparsa mi ha fatto subito tornare alla mente questo episodio.
A quei tempi ero un grande estimatore di Orlando, che sulla prima pagina de “Il Giornale” scriveva articoli che ammiravo per la lucidità delle analisi e, soprattutto, per l’incrollabile fede nel liberalismo del suo autore (io, almeno, la percepivo così).
Ora, seguire Montanelli nella sua avventura a “La Voce” era una scelta di carattere professionale e forse anche personale sulla quale nessuno poteva obiettare.
Ciò che invece non capii accadde dopo circa un anno dalla chiusura del quotidiano.
Vedere Orlando deputato PDS, vale a dire una forza politica lontanissima da ogni forma di quel liberalismo in cui Orlando credeva, costituiva una contraddizione che mi procurò una grande delusione.
Leggendo la notizia della sua morte mi è tornato tutto in mente, e continuo a meravigliarmi ancora oggi per quegli avvenimenti che fecero crollare quello che, almeno per me, era quasi un mito.
Successivamente lo persi di vista e sono poco informato delle sue successive esperienze professionali: so solo che era condirettore del quotidiano Europa, e lo è stato fino alla fine.
Comunque siano andate le cose, credo che meriti un affettuoso ricordo.

domenica 10 agosto 2014

d'annunzio: un problema piccino


Mala tempora currunt: si potrebbe rispolverare il famoso detto latino vecchio di oltre duemila anni, se non fosse che da allora il mondo è andato sempre e comunque avanti, anche dopo avere attraversato tempi peggiori di quelli cui si riferiva Cicerone.
Certo che, se non esistesse già, lo si sarebbe potuto coniare anche oggi, perché la situazione, a livello planetario, non è proprio esaltante.
L’Islam è sempre più radicale, Israele continua ad essere obiettivo di cancellazione dalla carta geografica da parte del fanatismo islamico e contestualmente viene dipinto dai mass media come carnefice.
I paesi musulmani più moderati, in grado di gettare acqua sul fuoco dell’odio religioso, sono stati scaricati. 
L’esempio più clamoroso è stato l’Egitto, paese che, dopo le follie suicide di Nasser, aveva avuto un leader illuminato come Sadat che si era reso conto che l’odio cieco avrebbe prodotto solo macerie.
Sadat ha costruito lentamente il rapporto di dialogo con Israele fungendo da elemento di moderazione in una regione infuocata, e ha pagato con la vita questa sua scelta.
Il continuatore della sua politica di dialogo con l’occidente e di chiusura al terrorismo islamico, Mubarak, è stato buttato a mare dall’illuminato presidente Obama, il presidente che ha fatto impazzire il mondo: ha ricevuto il premio nobel per la pace prima ancora di toccare la palla, nel senso che non era ancora nella pienezza dei poteri che il voto degli americani gli aveva attribuito. Come dire, un nobel alle intenzioni, e il fatto che io scriva nobel con la lettera iniziale minuscola non è un refuso.
Lo stesso Obama che alcuni tromboneschi giornalisti italiani, intingendo la penna nella saliva e non nell’inchiostro, decretarono essere il presidente di tutto il mondo.
Questi cui ho accennato sono solo una piccola parte dei problemi geopolitici esistenti.
Ma anche i problemi di carattere economico non scherzano, e non solo per i paesi poveri.
Nei paesi ricchi si sta insinuando la piaga della povertà, sempre tuttavia inferiore a quella dei paesi veramente poveri, dai quali, ogni giorno, migliaia di disperati fuggono rischiando una vita tanto grama da affievolire perfino il loro istinto di conservazione.
Tornando a bomba, intendo dire che ci sono problemi grandi e angoscianti a iosa, in questo mondo dove la tecnologia digitale fa sapere tutto a tutti in pochi minuti.
Questa premessa per dire che sono rimasto sbalordito leggendo un problema che è stato al centro dell’attività del Comune di Pescara, per essere poi brillantemente risolto: la fine dell’accostamento del nome di Gabriele D’Annunzio alla città di Pescara!
Il Sindaco ha stabilito che il nome del Vate scompaia dal logo del Comune.
Non fa niente se quintali di carta finiranno al macero, ma come si concilia questa presa di posizione con le decine di vie o piazze intitolate a persone che hanno sul gobbo milioni di morti come Lenin, o Stalin, o l’infoibatore di italiani Tito? Mah!
In un momento storico in cui bussano alle porte problemi come l’aumento della disoccupazione, l’aumento delle imprese che chiudono bottega, l’aumento di famiglie che vivono nell’indigenza, il calo delle nascite di bambini italiani, l’aumento dell’immigrazione e via dicendo, per il sindaco di Pescara il problema è che un grande personaggio delle lettere, di livello mondiale, gli imbratta la carta intestata.
Beato lui! Io gli auguro di avere sempre problemi di questa caratura coi quali confrontarsi.
Nella foto in alto il logo con D’Annunzio nella carta intestata del Comune di Pescara, nella foto in basso il busto di Ilich Ulianov, detto Lenin, in piazza a Cavriago (Reggio Emilia).

Quiz per i lettori: è peggio avere D’Annunzio sulla carta intestata o Lenin sulla piazza?

venerdì 8 agosto 2014

l'archivio di spilamberto 6


Venerdì 5 agosto scorso il Comune ha riconvocato il gruppo di persone, già convocate il 18 luglio, per approfondire il tema della nuova collocazione dell’Archivio Storico.
Poiché nell’incontro precedente era emersa un’ipotesi di collocazione dell’Archivio Storico nella ex sede della Cassa di Risparmio (sotto il Torrione), il Sindaco e l’Assessore alla Cultura hanno informato i presenti di avere predisposto una perizia per conoscere il costo dell’eventuale adattamento di quell’edificio ad Archivio Storico.
Tale costo è risultato di 45.000 euro, costo non proibitivo se si pensa che, trasferendo l’Archivio a Vignola, la spesa per il nostro Comune sarebbe di 5.500 euro per ognuno dei 15 anni di durata della convenzione, con un totale di euro 82.500.
Questo esordio ha galvanizzato gli invitati, tutti contrari, con una sola eccezione, allo spostamento dell’Archivio di Spilamberto a Vignola.
Se il Comune aveva fatto fare una perizia di spesa, risultata peraltro abbordabile, poteva significare che non escludeva l’ipotesi di mantenere a Spilamberto l’Archivio Storico di Spilamberto.
Si sono poi succeduti alcuni interventi molto critici nei riguardi di questa operazione che sembra dettata da motivazioni estranee alla conservazione del nostro patrimonio archivistico.
Vi sono infatti alcune anomalie non di poco conto:
- una fondazione bancaria che compra un edificio dalla banca di riferimento e che, probabilmente, non sa cosa farsene;
- una fondazione, ente morale, che detta l’agenda ai Comuni e li minaccia pure, ricordandogli che chi di loro non aderirà a quel progetto di archivio collettivo si assumerà le proprie responsabilità morali e giuridiche;
- una fondazione che rimprovera il Comune perché la cosa avrebbe dovuto restare segreta fino alla fine, come se i cittadini non esistessero.
Senza parlare degli aspetti che toccano la sensibilità di un’intera Comunità.
Spostare l’Archivio Storico di Spilamberto a Vignola umilia il senso di appartenza degli spilambertesi alla propria Comunità.
Uno degli intervenuti, con bella similitudine, ha detto che l’Archivio Storico è, per una Comunità, ciò che è l’album dei ricordi per una famiglia, e non esiste famiglia disposta a trasferirlo a casa del vicino.
Poi uno dei presenti, premettendo che l’Archivio Storico non appartiene a singole persone ma a tutta la Comunità, ha chiesto al Sindaco di tenere una pubblica assemblea nella quale spiegare ai cittadini la decisione che prenderà.
Il sindaco ha accolto questa richiesta dicendo che a settembre avrebbe pubblicamente comunicato la sua decisione.
Ovviamente, anche senza essere ottimisti, si pensava che le valutazioni del Comune non fossero del tutto compiute e che vi fosse ancora un margine di speranza, anche se esiguo, di mantenere a Spilamberto l’Archivio Storico di Spilamberto.
Ma ecco che il Sindaco, proprio in chiusura dell’incontro, mentre ribadiva che a settembre avrebbe tenuto una pubblica assemblea, ha aggiunto che in quella sede avrebbe informato i cittadini del trasferimento a Vignola dell’Archivio Storico di Spilamberto.
Forse è stata una gaffe, perchè dibattere per una serata intera su un argomento che ti sta a cuore e nutrire qualche speranza di successo, e alla fine imparare che chi ti ha convocato ha già deciso, non è il massimo: era meglio non saperlo.
Poi, stando così le cose, queste persone perché sono state convocate? Che cosa c’era da “approfondire”, come recitava la mail di invito?
Ultima considerazione: molti cittadini sostenevano che, avendo l’amministrazione uscente rinunciato a chiudere questa vicenda, le probabilità che l’Archivio Storico di Spilamberto restasse a Spilamberto aumentavano sensibilmente, perché il sindaco nuovo non rispondeva alle vecchie logiche.
Credo che quei cittadini, per vedere confermato il loro convincimento, dovranno aspettare un’altra occasione.

L'Archivio Storico di Spilamberto è in partenza per Vignola. Agli Spilambertesi ricordiamo il futuro indirizzo del loro Archivio: via Giovanni Paolo II n. 264 - Vignola (vedi foto).