E’ stata soppressa l’IMU sulla
prima casa.
Si tratta di un’imposta
illiberale, come tutte le imposte patrimoniali, che cioè non rappresentano una
quota di reddito del contribuente.
Le imposte patrimoniali
somigliano a dei “pizzi”: “tu possiedi una cosa, e allora paga un pedaggio annuale altrimenti per te si mette male”.
Dopo molti tira e molla, l’IMU
sulla prima casa è stata tolta e, in un paese dove circa i tre quarti delle
famiglie vivono in casa di proprietà, dovrebbe essere una buona notizia, e in
effetti lo è, ma non per tutti.
Numerosi esponenti della
sinistra, a cominciare dal PD che è al governo e che ha pertanto la paternità
di questo provvedimento, dichiarano di non essere contenti, che in realtà si tratta di
una rimodulazione, e che era meglio se non si faceva perché poi vi sarà una
stangata diversa e più dolorosa.
Dove? Non si sa.
Subito dopo rincuorano le loro
basi: state tranquilli, questa è andata così, ma non permetteremo che venga
vanificato l’aumento dell’IVA, ci potete contare.
A sentire le dichiarazioni di
questi signori e, soprattutto, a guardare la mestizia, il senso di sconfitta
delle loro facce, c’è da rimanere esterrefatti.
Pensano forse che le spese della
pubblica amministrazione non si possano mai ritoccare al ribasso?
Non sanno che la politica è
l’arte del possibile, e il possibile si ottiene attraverso una continua scelta
nell’utilizzazione delle risorse fornite dai cittadini?
Non gli passa per la testa che
una mancata entrata possa essere compensata anche da una mancata uscita?
Non sanno che gli aumenti di
imposte spesso producono minori entrate, come nel caso dell’aumento dell’accise
sulla benzina che ha prodotto un introito complessivo inferiore a quello
dell’anno precedente?
Credono, così come crede il
mitico Monti, che se il costo di un bene aumenta il consumatore compri sempre
la stessa quantità di quel bene?
Mah, chissà?
Mah, chissà?
Vi è tuttavia un’altra chiave di
lettura del senso di disfatta di cui si parlava: la misura attuata viene ritenuta
giusta ma, siccome è stata una delle condizioni poste dal PDL per varare il
governo di larghe intese, suona come una vittoria dell’arcinemico, e come tale
va stroncata.
Quale che sia la diagnosi più
esatta, con dei governanti così c’è poco da stare allegri.
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