Il Presidente Napolitano ha messo a segno un altro dei suoi colpi che travalicano il ruolo che la Costituzione vigente oggi, e per chissà quanto tempo ancora, gli assegna: un mero ruolo di garante dell’unità nazionale.
L’abbiamo già visto, in altre
occasioni, interpretare la Costituzione a seconda della convenienza politica
sua e dei suoi sodali. Ne citiamo solo due.
Nel 2007 il governo, guidato da
Prodi, era in difficoltà, e al Senato non aveva più maggioranza. Successe
allora che un tal Follini Giuseppe, detto Marco, eletto senatore nel 2006 nelle
liste CDL, passò fra le file della sinistra, e quel suo voto garantiva, almeno
sulla carta, la maggioranza.
In quell’occasione il Presidente
dichiarò solennemente che il Parlamento è sovrano, e finchè può esprimere una
maggioranza, il Presidente ha il dovere di non sciogliere le Camere.
Tralasciamo il fatto che il puntello era costituito dal voto di un voltagabbana
eletto nello schieramento opposto.
Questo al nostro Presidente non
interessava: il Parlamento è sovrano.
Arriviamo così al novembre 2011.
Il governo Berlusconi non naviga in acque facili, tuttavia ha sempre superato i
voti di fiducia che si è trovato davanti, per cui in Parlamento le forze che
sostengono il governo hanno la maggioranza e non sono mai state sfiduciate.
E
il Presidente che ti inventa? Azionando leve che solo lui conosce mette in
condizione il governo di mollare, perché lo spread è troppo alto e serve un
governo guidato da un buon uomo: buon uomo che lui ha già individuato,
istruito, e fatto senatore.
In questo caso il Parlamento non
è più sovrano, e se il governo non è caduto in Parlamento è lo stesso.
Questi fatti ricordano vagamente
uno dei cardini del mondo politico da cui proviene Napolitano, ovvero il
comunismo: quello che ci è utile è buono,
quello che ci ostacola è cattivo.
Perché ho ricordato questi
episodi?
Perché l’infornata di senatori di
qualche giorno fa va nella stessa direzione: infatti i nominati sono tutti di
provata fede sinistrorsa, e un eventuale governo Letta bis, senza il PDL,
potrebbe contare su quattro voti in più.
Si potrebbe dire che, più che di
una nomina, si è trattato di un arruolamento.
Purtroppo, però, mi sono reso
conto di ciò solo all’indomani della nomina dei 4 senatori.
Nel mio post “Il presidente non bada a spese”, scritto di getto il 30 agosto
scorso, ho criticato l’intervento del Presidente ritenendo la nomina
inopportuna sia dal lato economico, dato il momento critico che stiamo vivendo,
sia dal lato istituzionale, considerando che il numero dei nostri parlamentari
era già troppo alto.
In altre parole davo per scontata
la buona fede del Presidente, e credo di avere commesso un errore grossolano.
Ciao Luigi, questo presidente mi sembra che si comporti sempre più da Monarca Assoluto che da Presidente di una Repubblica Democratica. Poi ognuno la pensa come vuole...
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