venerdì 6 settembre 2013

il presidente arruolatore


Il Presidente Napolitano ha messo a segno un altro dei suoi colpi che travalicano il ruolo che la Costituzione vigente oggi, e per chissà quanto tempo ancora, gli assegna: un mero ruolo di garante dell’unità nazionale.
L’abbiamo già visto, in altre occasioni, interpretare la Costituzione a seconda della convenienza politica sua e dei suoi sodali. Ne citiamo solo due.

Nel 2007 il governo, guidato da Prodi, era in difficoltà, e al Senato non aveva più maggioranza. Successe allora che un tal Follini Giuseppe, detto Marco, eletto senatore nel 2006 nelle liste CDL, passò fra le file della sinistra, e quel suo voto garantiva, almeno sulla carta, la maggioranza.
In quell’occasione il Presidente dichiarò solennemente che il Parlamento è sovrano, e finchè può esprimere una maggioranza, il Presidente ha il dovere di non sciogliere le Camere. Tralasciamo il fatto che il puntello era costituito dal voto di un voltagabbana eletto nello schieramento opposto.
Questo al nostro Presidente non interessava: il Parlamento è sovrano.

Arriviamo così al novembre 2011. Il governo Berlusconi non naviga in acque facili, tuttavia ha sempre superato i voti di fiducia che si è trovato davanti, per cui in Parlamento le forze che sostengono il governo hanno la maggioranza e non sono mai state sfiduciate. 
E il Presidente che ti inventa? Azionando leve che solo lui conosce mette in condizione il governo di mollare, perché lo spread è troppo alto e serve un governo guidato da un buon uomo: buon uomo che lui ha già individuato, istruito, e fatto senatore.
In questo caso il Parlamento non è più sovrano, e se il governo non è caduto in Parlamento è lo stesso.

Questi fatti ricordano vagamente uno dei cardini del mondo politico da cui proviene Napolitano, ovvero il comunismo: quello che ci è utile è buono, quello che ci ostacola è cattivo.

Perché ho ricordato questi episodi?
Perché l’infornata di senatori di qualche giorno fa va nella stessa direzione: infatti i nominati sono tutti di provata fede sinistrorsa, e un eventuale governo Letta bis, senza il PDL, potrebbe contare su quattro voti in più.
Si potrebbe dire che, più che di una nomina, si è trattato di un arruolamento.
Purtroppo, però, mi sono reso conto di ciò solo all’indomani della nomina dei 4 senatori.
Nel mio post “Il presidente non bada a spese”, scritto di getto il 30 agosto scorso, ho criticato l’intervento del Presidente ritenendo la nomina inopportuna sia dal lato economico, dato il momento critico che stiamo vivendo, sia dal lato istituzionale, considerando che il numero dei nostri parlamentari era già troppo alto.
In altre parole davo per scontata la buona fede del Presidente, e credo di avere commesso un errore grossolano.

1 commento:

  1. Ciao Luigi, questo presidente mi sembra che si comporti sempre più da Monarca Assoluto che da Presidente di una Repubblica Democratica. Poi ognuno la pensa come vuole...

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