domenica 14 luglio 2013

la bilancia


 Pochi giorni, fa un giudice milanese è salito agli onori della cronaca per avere depositato le motivazioni della sentenza di un processo d’appello, riguardante Silvio Berlusconi, a tempo di record.
Si tratta di una condanna per frode fiscale, ma il rischio della prescrizione ha messo le ali a un corpo dello stato tradizionalmente piuttosto lento.
Purtroppo, lo stesso giudice non ha ancora depositato le motivazioni della sentenza di un processo d’appello nel quale, il 12 luglio 2012, l’imputato è stato condannato a 7 anni per avere stuprato 4 donne.
Ovviamente l’imputato è ancora libero e il terzo livello di giudizio, quello della Cassazione, potrà avvenire solo dopo il deposito delle motivazioni della sentenza d’appello.

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Si è conclusa anche un’altra strana vicenda che, qualche anno fa, ha avuto gli onori della cronaca.
Si trattava di un manipolo di pericolosi delinquenti che erano usciti dal carcere perché la motivazione della loro sentenza non era stata ancora pubblicata. Cosa c’è di strano?
C’è che, dal giorno della sentenza, erano passati quasi 8 (otto) anni.
Perché ne parlo?
Perché la Corte dei Conti ha chiuso questa vicenda condannando il giudice in questione, che è comunque stato radiato dalla magistratura, a 10.000 euro di multa e usando parole piene di indulgenza nei riguardi di questo giudice, allora giovanissimo, colpevole sì, ma anche vittima del cattivo funzionamento della macchina della giustizia.
Ora, l’ignaro e ignoto cittadino si domanda: se un corpo dello Stato così importante, che ha il potere di incidere sulla vita delle persone e, a volte, sul futuro della nostra vita politica, non è in grado di evitare errori simili, non è il caso di rimetterlo in discussione e di riformarlo?
Forse sì ma, secondo l’associazione nazionale magistrati, non si può separare la magistratura inquirente da quella giudicante, non si può pretendere che un giudice che sbaglia ne risponda, non si può parlare di marcatura del cartellino.
Chiunque ne parla viene tacciato di gettare discredito sulla magistratura.

A proposito di discredito, mi viene in mente un episodio avvenuto più di vent’anni fa al circolo Meridiana di Casinalbo.
Era ospite Indro Montanelli, allora direttore di “Il Giornale nuovo”, insieme al collega Mario Cervi.
A un certo punto Montanelli, piuttosto critico nei riguardi della magistratura, venne accusato dal presidente del tribunale di Modena, seduto fra il pubblico, di gettare discredito sulla magistratura. Montanelli non si scompose, e raccontò il seguente episodio.
Un giudice italiano venne sorpreso in una pubblica toilette mentre compiva atti innominabili su un bambino. Venne denunciato e, dopo l’inchiesta che confermò i fatti, il CSM gli inflisse una pena esemplare: lo spostò in una sede distante meno di cento kilometri.
In questo modo avrebbe potuto continuare a fare cose orribili, ma da un’altra parte.
Montanelli chiuse la querelle con le seguenti parole: “Egregio signore, con comportamenti simili, la magistratura riesce brillantemente a screditarsi da sola”.

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