martedì 7 aprile 2015

l'avventura del signor B

Dalla sua discesa in campo in poi, Berlusconi, che in seguito chiamerò B, ha visto succedere di tutto.
Intanto è bene dire che quando giornali e avversari politici parlano di ventennio berlusconiano dicono una falsità perché, in quel periodo, le sinistre hanno governato più di dieci anni.
Ma, si sa, costoro sono maestri nell’adulterare la realtà e così, con poca spesa, riescono ad addossare a B tutte le fesserie che sono state fatte. Solo per fare un esempio, ripetono da molti anni che è stato lui ad aumentare le tasse, anche se i maestri in questa arte sono loro: tuttavia un sacco di gente ci crede.
Ma andiamo con ordine.
Nel 1994 B iniziò trionfalmente vincendo al primo colpo ma, pochi mesi dopo, l’alleato Bossi, minacciato e impaurito dal presidente Scalfaro, mandò a ramengo l’appena costituito governo aprendo le porte al famigerato “ribaltone”: chi aveva vinto andava a casa e chi aveva perso governava.
Poi nel 1996 si tennero nuove elezioni che B perdette, e per altri 5 anni governò la sinistra.
Tuttavia B lavorò responsabilmente all’opposizione e, nel 2001, rivinse riuscendo a governare fino al 2006, ma in quel periodo affiorarono i primi sintomi di ciò che avrebbe portato alla situazione attuale.
Proprio in quegli anni un certo Follini, insieme a Fini, cominciarono a ostacolare l’azione di governo, e pochi ricordano che i due citati componenti del governo provocarono una crisi e, negli ultimi due anni, vi fu un governo B bis.
Queste fibrillazioni crearono divisioni che portarono il centro destra alla sconfitta nelle elezioni del 2006.
Mai come in quella occasione si notò la solitudine politica di B, che fece la campagna elettorale praticamente senza aiuti dai partiti alleati, e il centro destra perdette per soli 24000 voti.
Venne premiato Prodi, ma durò solo fino al 2008, anno in cui il centro-destra, riunendo tutte le forze politiche alternative alla sinistra, con l’eccezione della Lega Nord, in un nuovo soggetto politico (Popolo delle Libertà), vinse largamente le elezioni, e tutto lasciava pensare che si fosse aperta una nuova stagione politica nella quale forze politiche alternative alla sinistra avrebbero potuto governare per 5 anni, ma non andò proprio così.
Dopo un anno Fini, cofondatore di PDL e presidente della Camera, incominciò a mettersi di traverso al governo, sotto la regia del Presidente della Repubblica che sapeva come stuzzicare il suo ego un po’ abbondante per metterlo contro B.
Risultato: il governo andò in affanno ma non veniva mai sfiduciato dal parlamento, e allora il presidente azionò la leva dello spread per fare sloggiare B, attuando un’operazione che somigliava vagamente a un colpo di stato.
Ma il bello doveva ancora venire: con operazioni di dubbia legalità, come la retroattività della legge Severino e altri aspetti che ho evidenziato in precedenti articoli, B dovette sloggiare anche dal parlamento perché, mentre aveva incarichi istituzionali di alto livello, aveva anche, nei ritagli di tempo, frodato il fisco beccandosi una condanna a 4 anni, mentre al legale rappresentante dell’impresa frodatrice, Confalonieri, non veniva inviato nemmeno un avviso di garanzia.
L’odore della disfatta, derivante dal suo annientamento politico, provocò una scissione: Alfano formò un nuovo partito.
Ora sembra che B possa tornare in pista, ma ogni giorno qualche suo compagno di avventura politica lo pianta in asso.
E allora l’uomo della strada si chiede: ma perché non li manda tutti a quel paese e si ritira?
La sinistra, che la sa lunga, dice che B non si ritira perché stando lì fa i propri interessi.
E’ vero, interessi come avere ottenuto la galera, oppure avere scovato un giudice che ha scucito alla Mondadori 600 milioni di euro per darli alla CIR di de Benedetti per sanare un’ingiustizia, il cosiddetto “Lodo Mondadori” del 1991, all’indomani del quale de Benedetti si era dichiarato “molto soddisfatto” e aveva fatto pubblicamente a B “tanti cari auguri per le sue tante iniziative imprenditoriali”: questo si chiama fare i propri interessi!
Se B continua a stare in politica potrà succedergli anche di peggio, da parte dei guerriglieri rossi, e niente di buono gli verrà dai suoi amici e dai suoi alleati.
Viceversa, se esce dalla politica avrà sì l’amarezza di non essere riuscito ad attuare il suo progetto politico, che era quello di alzare il tasso di liberalismo dell’Italia, ma avrà anche due soddisfazioni non di poco conto.
La prima sarà quella di vedere i suoi nemici, quelli che hanno tentato in tutti i modi di linciarlo, giornalisti, giudici, politici, trovarsi improvvisamente privi del bersaglio: cosa faranno? Molti dovranno cambiare mestiere.
La seconda sarà di vedere l’azione politica degli “Ufficiali” che ha allevato: quando, finalmente liberi dal giogo del loro “Generale”, si renderanno conto della modestia della propria caratura, molti di loro rischieranno il suicidio.

La soluzione più razionale è quella di mollare tutto ma, si sa, B è un grande estimatore di Erasmo da Rotterdam e dell’elogio che costui tesse della pazzia, perciò nulla è scontato.


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