Ieri l’altro la Cassazione ha
messo la parola fine al processo che, nel febbraio 2011, vedeva Berlusconi
rinviato a giudizio, con rito immediato, per concussione e sfruttamento della
prostituzione minorile.
Nel giugno 2013, a conclusione
del processo di 1° grado, l’imputato venne condannato a 7 anni di galera.
Il Giudice, evidentemente, riteneva
che i 6 anni chiesti dal PM fossero pochi, e già questo fatto lascia trapelare
la necessità della separazione delle carriere nella magistratura per onorare il
principio della terzietà del Giudice giudicante: se questi sposa la tesi
dell’accusa tanto da superarla non fa altro che creare dubbi sull’equilibrio
della Giustizia.
Nel luglio del 2014 il processo
di Appello si concluse con l’assoluzione di Berlusconi con formula piena da
entrambi i capi d’accusa.
Ovviamente, nessuno paga né per
gli errori commessi né per i milioni di pagine prodotti inutilmente né per
l’attività di personale dello Stato distolto da altre attività trascurate come,
per esempio, mettere in galera i delinquenti.
Ieri l’altro, finalmente, la
conclusione di questa vicenda giudiziaria che, in realtà, è tutt’altro che
conclusa: rimane in piedi il cosiddetto “Ruby ter” che vede imputati, per falsa
testimonianza, tutti i testimoni del processo appena concluso: 44 persone fra le
quali gli avvocati della difesa, funzionari di polizia ecc., tutti bugiardi,
secondo lo stravagante teorema della Boccassini.
Si tratta di una cosa senza
precedenti, in uno Stato di diritto.
Tornando al 2011, mentre la
Boccassini costruiva il processo appena conclusosi, avveniva che l’economia
italiana andasse sempre peggio, tanto da venire declassata dall’agenzia di
rating S&P, e allora il presidente Napolitano si attivò per vedere di fare
sloggiare il capo del Governo che, per la cronaca, era stato eletto dagli
italiani e non era stato sfiduciato dal parlamento.
Oggi la Procura di Trani sta
indagando perché vi sono fondati motivi per ritenere che il declassamento
dell’Italia, da parte di S&P, sia avvenuto “illegittimamente e dolosamente”.
Inoltre, a seguito di questo declassamento, il Governo Monti versò a Morgan
Stanley, azionista di S&P, 2,5 miliardi di euro, e anche su questo indaga
la Procura di Trani.
Così, con un colpo al cerchio
giudiziario e uno alla botte dell’economia, Berlusconi venne fatto sloggiare da
Palazzo Chigi, poi venne varata la cosiddetta “Legge Severino”, per la quale
non poteva stare in parlamento chi avesse subito una condanna definitiva
superiore a due anni.
Nel frattempo Berlusconi veniva
condannato a 4 anni per evasione fiscale di Mediaset, mentre al legale
rappresentante dell’impresa che aveva evaso, Confalonieri, non venne inviato
nemmeno un avviso di garanzia.
Finalmente si chiudeva il
cerchio: Berlusconi doveva sloggiare anche dal parlamento e non svolgere attività politica, e così fu, anche se la legge Severino aveva ed ha lacune
gravi.
Infatti stabilisce chi può
sedere in parlamento, compito che l’art. 66 della Costituzione assegna al
parlamento stesso:
“Ciascuna
Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause
sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità”.
Inoltre i fatti
che incriminavano Berlusconi erano avvenuti prima del varo della legge
Severino.
E vi è un altro
fatto curioso: la legge Severino fu approvata anche dalla forza politica che
faceva capo a Berlusconi il quale, evidentemente, non aveva ancora capito con
chi aveva a che fare.
Adesso,
teoricamente, egli potrebbe tornare a svolgere attività politica, ma è una
situazione con poche prospettive.
Infatti, dai
milioni di intercettazioni acquisite dalle procure, cominciano già ad uscire
sui giornali delle pillole di fango che preparano il terreno a nuove
iniziative, che presto conosceremo.
Certo, un paese
che mette fuori legge il leader di un’importante forza politica, un paese che
invece di indignarsi per essere stato screditato dolosamente con grave danno
economico e di immagine, si indigna per le intercettazioni penalmente
irrilevanti che gli vengono propinate a puntate dai giornaloni, è un paese
impossibile da governare.
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