Dopo la performance di circa
due mesi fa, con la quale Landini dava del disonesto a chi riservava il proprio
consenso a Renzi, si poteva anche pensare, ragionevolmente, che la sua immagine
pubblica potesse appannarsi.
Infatti, offendere milioni di
persone è un esercizio che può costare caro, come sanno tanti uomini che, per
un’intemperanza verbale, hanno visto chiudersi la loro carriera.
Nel caso di Landini le cose
sono andate in modo assai diverso: non solo la sua immagine non si è appannata,
ma da quel momento ha visto moltiplicarsi il suo “appeal” da parte dei
mass-media.
Lo chiamano ovunque, i
talk-show se lo contendono, tanto che il segretario della commissione di
vigilanza RAI, pressato dalle altre sigle sindacali che vengono invitate
raramente, ha predisposto un’interrogazione parlamentare per conoscere le
motivazioni di questo squilibrio di presenze in RAI che, a volte, raggiunge
proporzioni enormi: 10 a 1 rispetto agli altri sindacati.
Questo attivismo di Landini sembra
preludere alla discesa nell’agone politico, anche se la sua visione delle cose,
negli ultimi mesi, non è parsa proprio limpida.
Infatti, recentemente ha
ingaggiato un braccio di ferro con la FCA (un tempo si chiamava FIAT) che ha
intenzione di assumere personale e, volendo rilanciare la produzione, chiede il
ricorso a forme di lavoro straordinario, compreso qualche sabato lavorativo.
Ma Landini si comporta come ai
vecchi tempi, ed è troppo impegnato in televisione per capire l’aria che tira.
In un momento di crisi, che fa
temere di cadere in una situazione di vera e propria recessione economica, la
parola “straordinari” dovrebbe suonare melodiosa alle orecchie di un
sindacalista, e infatti molti sono contenti delle prospettive e, se c’è da fare
straordinari, ben vengano.
Molti ma non tutti: la FIOM, di
cui Landini è il capo, ha indetto uno sciopero contro il lavoro straordinario
che ha avuto luogo alcune settimane fa.
Ebbene, a Melfi hanno
scioperato in 14 su 1719, mentre a Pomigliano hanno scioperato in 5 su 1478.
Che dire?
Che Landini possa avere ambizioni
politiche è lecito, ma che nutra queste ambizioni usando la FIOM, e insistendo
su posizioni tanto stravaganti da venire smentite da coloro che dovrebbero
seguirlo fino alla vittoria finale, è una cosa che stupisce.
Ovviamente non sarebbe il primo
sindacalista CGIL che fa politica: tanti altri prima di lui l’hanno fatto, ma
non senza il consenso del partito di riferimento.
Non a caso la CGIL era
storicamente considerata la cinghia di trasmissione del PCI, e quando un leader
CGIL ha tentato di affrancarsi da questa tutela ha sempre dovuto fare
retromarcia, come accadde perfino a Giuseppe Di Vittorio.
Quello che è cambiato, rispetto
ad allora, è che l’attuale situazione occupazionale si sta facendo drammatica,
e quando una persona intravede lo spettro della povertà dietro l’angolo, non
c’è nessuno che possa coinvolgerla in progetti politici, in rivoluzioni
catartiche o in guerre di logoramento.
E allora, se viene mollato
dagli operai, quali prospettive può avere Landini per lanciarsi nel firmamento
della politica?
Le notizie degli ultimi giorni
non sono incoraggianti, perché sia la CGIL che il partito del suo grande rivale
Renzi, criticano le sue ambizioni.
Renzi ha fatto una battuta
molto pungente sul suo eventuale passaggio dal sindacalismo alla politica: “Non è Landini che lascia il sindacato ma il
sindacato che ha lasciato Landini”.
E’ una battuta non del tutto
campata in aria, perchè Landini sta giocando una difficile battaglia che
potrebbe costargli, come si usa dire, capre e cavoli.
Vedremo come andrà a finire, tuttavia,
anche in caso di successo dell'iniziativa, non saranno sicuramente le ricette di questo novello
tribuno a guarire l’Italia.
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