Nei
giorni scorsi è morto Federico Orlando, un nome che ai più giovani dirà poco o
niente.
Orlando,
laureato in Giurisprudenza, era un giornalista di un certo livello, di
impostazione ideologica liberale.
Il
suo percorso professionale lo portò dalla provincia di Campobasso, dove era
nato, a Roma, dove collaborò con “Il Messaggero”
e con “Il Giornale d’Italia”.
Poi
il balzo professionale con “Il Giornale
Nuovo”, quotidiano nato nel 1974 ad opera di un folto gruppo di transfughi
dal “Corriere della Sera” che, in
quel periodo, somigliava sempre più alla “Pravda”.
A
Milano il suo sodalizio con Montanelli si consolidò fino a farne il
condirettore del quotidiano, nel frattempo ribattezzato “Il Giornale”.
Poi,
nel gennaio del 1994, Orlando seguì Montanelli quando questi, dimessosi da
direttore de “Il Giornale”, fondò un
nuovo quotidiano, “La Voce”, il cui
titolo si rifaceva alla rivista di cultura e politica fondata da Giuseppe
Prezzolini nel 1908.
“La Voce” di Montanelli non ebbe la
stessa fortuna, e chiuse i battenti dopo circa un anno piuttosto tribolato.
In
seguito Orlando, che molti anni prima era stato dirigente del P.L.I - Partito
Liberale Italiano - guidato da Giovanni Malagodi, decise di tornare in politica
scegliendo il PDS, nelle cui liste fu eletto deputato.
La
sua scomparsa mi ha fatto subito tornare alla mente questo episodio.
A
quei tempi ero un grande estimatore di Orlando, che sulla prima pagina de “Il Giornale” scriveva articoli che
ammiravo per la lucidità delle analisi e, soprattutto, per l’incrollabile fede
nel liberalismo del suo autore (io, almeno, la percepivo così).
Ora,
seguire Montanelli nella sua avventura a “La
Voce” era una scelta di carattere professionale e forse anche personale
sulla quale nessuno poteva obiettare.
Ciò
che invece non capii accadde dopo circa un anno dalla chiusura del quotidiano.
Vedere
Orlando deputato PDS, vale a dire una forza politica lontanissima da ogni forma
di quel liberalismo in cui Orlando credeva, costituiva una contraddizione che
mi procurò una grande delusione.
Leggendo
la notizia della sua morte mi è tornato tutto in mente, e continuo a
meravigliarmi ancora oggi per quegli avvenimenti che fecero crollare quello
che, almeno per me, era quasi un mito.
Successivamente
lo persi di vista e sono poco informato delle sue successive esperienze
professionali: so solo che era condirettore del quotidiano Europa, e lo è stato
fino alla fine.
Comunque
siano andate le cose, credo che meriti un affettuoso ricordo.
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