venerdì 29 maggio 2015

renzi e le 3 carte

Renzi sta andando forte.
Nonostante un difetto di pronuncia che, comunemente, si pensa debba creare difficoltà nell’esprimersi, egli sproloquia a pieno ritmo in tutte le sedi in cui gli è data la parola: casuali, conviviali, mediatiche, istituzionali.
Le difficoltà, semmai, le hanno i suoi interlocutori i quali, dopo avere ascoltato una fiumana di concetti scontati, hanno l’impressione di avere di fronte la persona che potrà risolvere i loro problemi, anche se raramente i fatti seguono le intenzioni.
Renzi iniziò a suscitare aspettative con la decisione di confrontarsi con Berlusconi, quando questi era stato annientato ed espulso dal Parlamento.
Fu una decisione che fece imbufalire i suoi compagni della vecchia guardia.
Diversa, invece, fu la reazione dei suoi avversari e, in generale, dell’elettorato moderato. Per costoro, infatti, un leader dello schieramento avverso che alleggeriva un clima politico molto teso, culminato con la cacciata dal Parlamento del leader dell’opposizione, meritava rispetto.
Con questa mossa Renzi si ingraziò una grossa fetta di opinione pubblica gravitante attorno al centro destra, e venne visto come un vero innovatore e un vero democratico, perché dimostrava di considerare valido interlocutore anche chi, codici alla mano, non aveva titoli ma rappresentava pur sempre milioni di italiani, e i due leader si accordarono su alcuni temi di particolare importanza sui quali procedere insieme.
Per qualche tempo le cose sembravano andar bene, poi cominciò qualche dissapore e, infine, si capì che Renzi aveva agito non per rispetto della democrazia ma per interessi di bottega.
Se ne ebbe la certezza in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica, che fu scelto e fatto eleggere da Renzi stesso ignorando il parere delle opposizioni.
Da allora egli sta procedendo a colpi di autorità: ignora le opposizioni e, con le fronde amiche, minaccia il tutti a casa e il voto, cosa che in una democrazia normale non è certo un dramma, ma è un dramma per lui, che non è mai stato eletto, e per quell’esercito di parlamentari che, se non rieletti, dovranno andare a lavorare.
Ed è così che continua a stare a galla, nonostante tenga comportamenti non consoni a un capo di governo, come quello di parlare continuamente di moralità mentre si avvale di ministri e sottosegretari rinviati a giudizio e candida alle elezioni persone condannate che, se elette, non potrebbero esercitare funzioni pubbliche: egli pensa, evidentemente, che la legge che ha politicamente ucciso il leader dell’opposizione, la famigerata legge Severino, valga solo per gli avversari.
E, sempre in fatto di moralità, materia nella quale dice di non dovere prendere lezioni da nessuno, un piccola crepa si è aperta anche nella rossa Liguria, dove un imprenditore edile ha deciso di salvare l’Unità non prima, però, di essersi aggiudicato un’importante appalto per la costruzione di un ospedale, vincendo una gara nella quale era rimasto, misteriosamente, l’unico concorrente.
Arriviamo così all’ultima vicenda che merita qualche considerazione: la Consulta ha sentenziato che il denaro sottratto negli ultimi anni ai pensionati debba essere restituito.
In questo caso arriviamo al grottesco quando Renzi si vanta perché intende dare rapidamente una parte soltanto delle somme trattenute, ed usa pure il termine “bonus”: è proprio un bel premio vedersi restituire una parte di ciò che ti è stato sottratto illegalmente.

Forse Renzi non si è reso conto di trovarsi di fronte a una questione molto delicata, nella quale è in ballo la credibilità dello Stato; il modo in cui l’ha affrontata di getto ha fatto pensare, più che alla soluzione di una questione di Stato, al gioco delle 3 carte.

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