A bocce
ferme, vorrei fare alcune brevissime considerazioni sulla festa del 25 aprile.
La data
ricorda la fine di una guerra sciagurata che aveva significato, per tutti gli
italiani, angoscia, disagi e miseria, senza contare le migliaia di morti e le
sofferenze dei loro familiari.
Una
guerra conclusa con la scacciata delle truppe tedesche da parte delle forze
alleate, con USA e Inghilterra in prima fila.
E’ appena
il caso di dire che l’Italia aveva iniziato la guerra come alleata dell’esercito
tedesco, e questo dice quanto complesso fosse il quadro di questo conflitto
che, dopo l’8 settembre 1943, generò anche una guerra civile.
La gioia
degli italiani per la fine di quella tragedia, che consentiva di ricominciare a
vivere normalmente, merita sicuramente una festa che la ricordi.
Nel corso
degli anni, tuttavia, questa festa ha assunto connotati tali che tendono a
dividere gli italiani, più che a unirli, e una festa nazionale che divide ha,
secondo me, qualcosa che non funziona a dovere.
Il primo
aspetto che sorprende il normale cittadino è l’evidente tentativo del PCI,
nonché dei suoi successori e dei suoi succedanei, di appropriarsi
dell’esclusiva del movimento partigiano.
In realtà
il movimento partigiano era costituito anche da cattolici, liberali, azionisti
e gente senza collocazione politica, ma fin da quei tempi era in atto la
strategia del PCI di prevalere sulle altre formazioni: i partigiani non
comunisti erano tollerati a fatica e, talvolta, addirittura uccisi, come
avvenne alla malga Porzus nel febbraio del 1944.
Un altro
aspetto che non convince è il tentativo di gonfiare la reale portata storica
del movimento partigiano, che coadiuvò le forze alleate nella liberazione
dell’Italia dall’esercito tedesco.
Il
contributo del movimento partigiano è stato importante dal lato militare e,
ancor più, dal lato ideale, ma non si può ragionevolmente credere che sia stato
determinante per l’esito della guerra.
Quando si
leggono affermazioni o, addirittura, libri a sostegno della tesi che a liberare
l’Italia è stato il movimento partigiano, c’è da rimanere esterrefatti.
Infine, i
toni trionfalistici usati sono, a mio avviso, fuori luogo perché, è bene
ricordarlo, il 25 aprile segna anche la nostra sconfitta, una dolorosa
sconfitta che lascia l’Italia distrutta e mutilata di importanti territori.
A volte si ha l’impressione che qualcuno pensi di avere vinto la guerra, ma non è così:
l’Italia ha perso la guerra così come gli italiani tutti, senza eccezioni.
Insomma:
una festa che, dopo 70 anni, continua a dividere, che festa è?