giovedì 25 febbraio 2016
giovedì 18 febbraio 2016
sabato 13 febbraio 2016
la culla del rovescio 6
Il 5 aprile 2013 pubblicai un
post che intitolai provocatoriamente “la
culla del rovescio”, per sottolineare aspetti del nostro sistema
giudiziario che provocavano perplessità.
Non pensavo, allora, che quel
post sarebbe stato solo il primo di una piccola serie che mette a nudo
situazioni incomprensibili per il normale cittadino.
La recente vicenda che mi ha
colpito riguarda Franco Birolo, un tabaccaio della provincia di Padova con
abitazione sopra il negozio.
Svegliato da rumori in piena
notte, Birolo si è alzato, ha preso la pistola, è sceso nel negozio dove ha
trovato un uomo: lo ha avvertito che era armato e gli ha intimato di andarsene.
Mentre ciò avveniva, ha intravisto l’ombra di un’altra persona alle proprie
spalle, si è girato di scatto e ha sparato uccidendo l’uomo.
In quei brevi istanti il
tabaccaio non ha potuto fare tutti gli accertamenti che potevano aiutarlo a non
essere incriminato, non ha potuto accertare se chi gli stava alle spalle fosse
armato, che intenzioni avesse ed altro, ma chi entra in casa tua di notte,
scassando porte o finestre, generalmente non vuole farti una visita di
cortesia: il tabaccaio ha avuto paura e ha sparato.
E’così stato condannato per
omicidio volontario in primo grado a 2 anni e 8 mesi di galera, nonché al
risarcimento della famiglia dell’ucciso per un importo di 325.000
(trecentoventicinquemila) euro.
Sta così prendendo piede una
giurisprudenza che tende ad assimilare il furto, anche se con scasso, a
un’attività lavorativa, e se qualcuno resta ferito o muore, esercitandola, ha
diritto a risarcimenti per sé o per la famiglia.
Nel mio precedente post dell’8
novembre scorso, “la culla del rovescio 5”,
raccontavo di un signore che aveva ferito un ladro e doveva risarcirlo per un
importo di 135.000 (centotrentacinquemila) euro, mentre nel presente caso il
ladro è stato ucciso ed è la sua famiglia a dovere essere risarcita.
La presente sentenza è ancora più
strana della precedente perché il Pubblico Ministero Benedetto Roberti, ovvero
la pubblica accusa, aveva chiesto al giudice un verdetto di assoluzione perché riteneva
che nel comportamento dell’imputato mancasse totalmente l’elemento della
volontarietà.
Ma il giudice, Beatrice Bergamasco,
non ne ha tenuto conto.
Su questa vicenda si è espresso
anche il Vescovo di Chioggia, Adriano Tessarolo, che ha scritto una lettera
aperta al giudice nella quale critica la condanna di Birolo con considerazioni
non molto distanti da quelle espresse nelle righe precedenti.
Con sentenze simili - scrive il
Vescovo - si corre il rischio di trasmettere un messaggio di questo tipo:
“violenti, scassinatori e ladri, continuate tranquillamente la vostra criminale
attività, tanto qui siete tutelati per legge, perché nessuno deve farvi del
male mentre siete nell’esercizio del vostro lavoro”.
Ora, può darsi che i successivi
gradi di giudizio ribaltino la sentenza di primo grado, ma intanto il tabaccaio
è entrato in uno di quei gironi che annientano le persone: spese di giudizio,
spese di avvocati, sempre meno tempo e voglia di dedicarsi alla propria
attività, complicazioni nei rapporti familiari e sociali, un marchio di condannato
che non ti toglierà più nessuno.
Che altro aggiungere?
Un in bocca al lupo a Franco
Birolo.
Nella foto in alto Franco Birolo
lunedì 8 febbraio 2016
il liquidatore 5
Dopo la serata del 14 gennaio scorso, organizzata da un gruppo di
cittadini di Spilamberto contrari alla fusione dei Comuni, la presunta necessità,
per motivi economici, della fusione dei nostri Comuni ha cominciato a
vacillare, e potrebbe finire al tappeto al prossimo round.
Si tratta infatti di una tesi di comodo per coprire le vere motivazioni
che, evidentemente, è meglio non rendere di pubblico dominio.
Non mi addentro nei meandri della politica, materia che conosco poco.
Purtuttavia, anche per un profano l’ipotesi più probabile è che il
partito che governa il nostro territorio dal 1945 sia piuttosto contrariato dal
fatto che alcuni Comuni, negli ultimi anni, abbiano scelto di non affidarsi
alle sue cure amministrative.
L’ultimo caso è stato quello di Vignola, ed è proprio il comportamento di
quest’ultimo Comune a suscitare qualche perplessità.
Infatti, mentre gli altri Comuni che si sono liberati del controllo PD,
ovvero Guiglia e Savignano, non intendono far parte di alcun raggruppamento, il
Comune di Vignola pare d’accordo sulla fusione di Comuni.
Forse lo fa perché pensa di essere comunque il perno del nuovo ente,
forse lo fa perché ha un territorio molto limitato in rapporto al numero di
abitanti, cosa che frena l’edilizia pubblica e privata, forse lo fa per altri
motivi, ma sta di fatto che, se la fusione dei Comuni andasse in porto, Vignola
tornerebbe sotto la guida storica del Pd alla quale i cittadini vignolesi, a
giudicare dalle ultime elezioni, intendevano rinunciare.
In altre parole, la fusione consentirebbe alla forza politica battuta
nell’agone elettorale di tornare ad amministrare nonostante il diverso parere
dei cittadini: una sorta di suicidio politico-amministrativo dell’attuale
Giunta vignolese.
In ogni caso, la serata del 14 gennaio ha causato un certo nervosismo
nella giovane compagine di governo spilambertese, un nervosismo trapelato dalla
dichiarazione del sindaco di Spilamberto, pubblicata l’indomani da un giornale
locale, secondo la quale non gli sarebbe stato consentito di intervenire per
dire la propria opinione.
Per rispetto della verità e per una corretta informazione dei lettori, il
sindaco è entrato nella sala alle ore 23.40, mentre stava per concludersi
l’intervento di chiusura, e ha alzato la mano per chiedere la parola ma Aratri,
che conduceva la serata, nonostante l’autorevolezza del richiedente non poteva
più riaprire una serata ormai conclusa.
E tradisce nervosismo anche la mossa successiva del sindaco, quella cioè di
ripetere in ogni circostanza, anche se si parla della coltivazione delle pere, che
lo studio commissionato a Nomisma riguarda solo il miglioramento dell’Unione
Terre di Castelli.
In un’intervista fattagli da TRC egli ha addirittura dichiarato che chi
dice che lo studio di Nomisma riguarda la fusione dei Comuni “mente spudoratamente”.
Ma ciò che dice il sindaco è smentito dalla Convenzione fra i 9 Comuni allegata
alla delibera “per la predisposizione di
un progetto di riorganizzazione istituzionale” approvata dal Consiglio
Comunale di Spilamberto nello scorso mese di giugno.
Nella citata Convenzione, “parte
integrante e sostanziale” della delibera, si legge quanto segue.
Art. 1
“I Comuni di Castelnuovo Rangone,
Castelvetro di Modena, Guiglia, Marano sul Panaro, Savignano sul Panaro,
Spilamberto, Vignola e Zocca, aderenti all’Unione Terre di Castelli, e il
Comune di Montese, con la presente convenzione procedono all’affidamento congiunto
di un incarico professionale esterno per la predisposizione di un progetto di
riorganizzazione istituzionale in vista della fusione, come meglio specificato
all’articolo seguente. …”
Art. 2
“… Il progetto di riorganizzazione
istituzionale dovrà almeno contenere: …..;
- la predisposizione di schemi degli atti
fondamentali (atto costitutivo, statuto, regolamenti) del Comune unificato;
- la proposta dell’assetto organizzativo del comune
unificato con particolare riguardo alla destinazione e all’utilizzazione del
personale comunale dipendente. …”
Le parti sopra riportante sono stralciate dalla delibera n. 50 del 17 giugno
2015, ovvero un atto pubblico esposto all’Albo Pretorio e pertanto consultabile
da tutti i cittadini i quali potranno facilmente accertare se il tentativo del
liquidatore di liquidare Spilamberto sia in atto oppure no.
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