lunedì 23 febbraio 2015

aventino

Dopo l’elezione del Presidente della Repubblica, nella quale Renzi ha deciso di infischiarsene dell’opposizione che pure, nell’ultimo anno, lo ha sostenuto lealmente, il cammino del governo sembra complicarsi.
Ovviamente, per quanto senso di responsabilità possa avere l’opposizione, si è trattato di uno sgarbo che, dopo qualche giorno, è sfociato in una rottura dei patti stabiliti con FI.
Renzi, che sicuramente aveva messo in conto questa eventualità, ha deciso di proseguire il suo cammino annunciando, sprezzantemente, che farà quello che deve fare con o senza l’aiuto di FI.
In verità anche le altre forze di opposizione non sono tanto contente per i metodi che usa il premier, metodi che assomigliano a quelli di un dittatore.
Quando lo ha detto Berlusconi, ovviamente, tutti hanno riso, ma in seguito tutte le opposizioni hanno deciso di uscire dall’aula per manifestare il proprio dissenso, e questo loro ritirarsi sull’Aventino evoca brutti presentimenti.
Che i modi di Renzi siano spicci è evidente, e qualche commentatore senza paraocchi se ne è già accorto: ad esempio Piero Ostellino, giornalista di notevole caratura nonché uno dei pochi liberali rimasti in circolazione.
Ora la strada di Renzi sembra ingombra di ostacoli, ma lui è molto spregiudicato e, nelle ultime ore, sembra strizzare l’occhio alle forze interne al PD che lo hanno sempre osteggiato e contro le quali ha spesso usato espressioni forti.
Mi riferisco a Bersani e al suo entourage, che stanno rialzando la testa preparandosi a rientrare nel gioco dal quale sembravano, fino a pochi giorni fa, esclusi.
Ovviamente, il dittatore in pectore deve concedere qualcosa, e sta preparando un provvedimento legislativo con il quale l’Italia è pronta a riconoscere uno Stato Palestinese.
Questa misura sarebbe sciagurata per l’Italia, ma addolcirebbe l’opposizione interna.
Sul fronte delle riforme costituzionali, invece, Renzi ha molte riserve sull’opportunità di estendere anche ai magistrati il principio della responsabilità civile, che vale per tutti tranne che per loro.
Infatti questo è un argomento che fa infuriare la lobby dei magistrati, abituati a far pagare al contribuente i loro errori, anche se la legge in vigore prevede che il pagatore, cioè lo Stato, possa rivalersi su di loro, cosa che non è mai avvenuta.
E così ci siamo sorbiti, solo per fare un paio di esempi, i Woodcock, il cui ultimo fallimento è sui giornali di oggi, e i Luigi De Magistris, che a Napoli era soprannominato “Giggino ‘o flop”, a causa dei “flop” accumulati in carriera.
E allora l’astuto Renzi, in attesa di avere la forza sufficiente per metterli tutti in riga, dà un colpo al cerchio e uno alla botte.

Speriamo che i neo-aventiniani non facciano la fine dei loro predecessori che, nel 1924, uscirono dal parlamento per protesta e, così facendo, spianarono la strada alla dittatura.

La vignetta è tratta dal quotidiano "il Giornale" del 14 febbraio 2015

mercoledì 18 febbraio 2015

1910/2014 - parallelismi

Nel corso di ricerche presso l’Archivio di Spilamberto ho trovato, casualmente, il testo di un’interpellanza che mi ha incuriosito e mi ha indotto ad approfondire per capire di cosa si trattava. 
Ed ecco cosa ho scoperto.

Antefatto
In data 22 luglio 1909, il direttore dell’Archivio di Stato chiedeva al Commissario Prefettizio di Spilamberto di volergli consegnare due lettere con firma autografa di Raimondo Montecuccoli giacenti nell’Archivio di Spilamberto perché così, a suo dire, poteva arricchire il carteggio già esistente all’Archivio di Stato sull’importante figura di Montecuccoli.
Il Commissario rispondeva, in data 28 luglio 1909, che era lieto di donare le suddette lettere, “gelosamente custodite” nell’Archivio di Spilamberto, all’Archivio di Stato.
E così fece senza delibere della Giunta o del Consiglio Comunale.

24 marzo 1910
Viene messa nell’ordine del giorno l’interpellanza del consigliere Ballarini: “Interpellanza Ballarini sui criteri e sulle facoltà del R.° Commissario che ebbe a donare due documenti storici del Comune all’Archivio di Stato”.
Il Sindaco Wagners dice che sta ancora documentandosi e chiede di rinviare la discussione alla successiva sessione, e pertanto la discussione è rinviata.

10 aprile 1910
Nella mattinata del 10 aprile 1910 viene discussa l’interpellanza di Ballarini.
Il sindaco Wagners fa un’esposizione dei fatti chiara ed esauriente sostenendo, in sostanza, che nessuno può sottrarre documenti da un Archivio Storico comunale se non per fondati timori di dispersione.
Poiché tale rischio non c’è, le lettere di Montecuccoli non potevano essere spostate dall’Archivio di Spilamberto.
Poi c’è un punto molto significativo che riprendo integralmente:
Crede il Sindaco che, in linea morale, neppure il Consiglio comunale abbia facoltà di privarsi di documenti di storia o di cronaca locale, tramandatigli dai predecessori”.
Dopo una breve discussione, il Consigliere Ballarini presenta una Mozione, con la quale il Consiglio Comunale “delibera di invocare la restituzione dei documenti suindicati dandone incarico al Sindaco. La mozione viene approvata ad unanimità di voti palesi.

29 maggio 1910
Il sindaco legge ai consiglieri il decreto prefettizio del 17 maggio 1910 che annulla la deliberazione del Consiglio comunale del 10 aprile, poi ribadisce che non vi è nessuna legge che consentisse al R.° Commisario di sottrarre documenti dall’Archivio di Spilamberto.
Il consigliere Ballarini propone al consiglio l’ordine del giorno (riprodotto anche in originale):
Il Consiglio è spiacente che il R.° Commissario abbia privato il Comune di due documenti a firma del Maresciallo Raimondo Montecuccoli, di esclusivo interesse locale, il che può arrecare pregiudizio nella raccolta futura di altri documenti che attualmente trovansi presso privati. Spiacente dell’avvenuto, delega al Sindaco le pratiche necessarie all’immediato ricupero dei due documenti suddetti
Sottoposto a votazione segreta, l’ordine del giorno viene approvato con 12 voti favorevoli e 1 contrario, presenti 13 consiglieri.

21 luglio 1910 - Seduta straordinaria
Il sindaco comunica che i verbali consigliari coi quali viene respinto il reclamo dell’ex R.° Commissario e richiesta la restituzione dei due autografi Montecuccoli, dal medesimo (R° Commissario n.d.r.) donati all’Archivio di Stato, sono stati approvati e che fu già scritto al Direttore dell’Archivio di Modena il quale assicura di avere già chiesto al Ministero l’autorizzazione per la restituzione dei due documenti all’Archivio di Spilamberto.

Questi i fatti.
Ciò che mi ha più colpito, in questa vicenda, è la consapevolezza del Sindaco e dei Consiglieri Comunali di avere, nell’Archivio Storico, un grosso patrimonio da tutelare e da difendere per rispetto della storia della nostra comunità e di coloro che quel patrimonio ci hanno consegnato intatto.
Ovviamente, non ho potuto non fare un parallelo con le vicende degli ultimi mesi che hanno visto il Consiglio comunale deliberare non per difendere due documenti, bensì per privarsi dell’intero Archivio.
Tra questi comportamenti c’è una grande differenza di sensibilità, sia culturale che sociale.
Non so dove si trovino oggi le due lettere oggetto della contesa, ma devo dire che la lettura di quei documenti, dei quali riproduco solo il verbale del 29 maggio 1910, mi ha riempito di ammirazione per i consiglieri del 1910, che si sono spesi per difendere la memoria della Comunità che rappresentavano.
Se poi non ci fossero riusciti, non ha alcuna importanza: hanno combattuto per una buona causa, e tanto basta.








giovedì 5 febbraio 2015

rottamazioni

Finalmente abbiamo un nuovo Presidente, ed è stata una scelta imprevista perché è emersa una persona poco considerata dai mass-media alla vigilia dell’elezione.
Su questa vicenda occorre fare alcune considerazioni.
La scelta del presidente è stata imposta dal premier non eletto Renzi, che ha così dimostrato di essere un uomo forte politicamente, anche se si è dimostrato molto più abile nel dire che nel fare.
Vedremo poi se questa prova di forza non avrà contraccolpi sulla sua futura azione di governo.
Intanto gli italiani, che già non possono eleggere il proprio presidente, sono stati costretti a lasciarlo eleggere da un parlamento che la corte costituzionale ha dichiarato illegittimo.
Un premier non eletto che impone il nome del presidente a un parlamento illegittimo non è il massimo, ma ormai la pazienza degli italiani sta diventando proverbiale: “lorsignori” hanno deciso così e tanto basta.
D’altra parte, nel Referendum confermativo del giugno 2006 sono stati gli italiani stessi, accogliendo le esortazioni di DS, Margherita, Di Pietro ecc,  a stabilire che la nostra Costituzione andava bene così: non dovevano diminuire i parlamentari, andavano bene due Camere uguali, e via conservando.
Ma ciò che ha più stupito è che un uomo politico che è arrivato alla ribalta parlando di rottamazione, fino a farne la cifra della sua azione politica, proponga e faccia eleggere Presidente della Repubblica un uomo non più giovane, ex notabile della DC il quale, piuttosto che morire insieme al suo partito, ha preferito passare allo schieramento avversario, entrando così a far parte di quella categoria di ex DC chiamati impropriamente, ma non troppo, cattocomunisti.
I giovani non ricordano, probabilmente, che il di lui fratello Piersanti venne assassinato dalla mafia (fu questo traumatico avvenimento che provocò la discesa in politica dell’attuale presidente), e non ricordano nemmeno che il padre dei due citati fratelli era Bernardo Mattarella, classe 1905, notabile DC che per 5 volte fu Ministro.
Bernardo Mattarella fu anche un uomo politico molto chiacchierato.
Gaspare Pisciotta, il luogotenente del bandito Salvatore Giuliano, lo accusò in un’aula di tribunale di essere uno dei mandanti della strage di Portella della Ginestra, ma le sue accuse non vennero provate.
Nel 1965 un sociologo, Dolci, accusò Bernardo e il figlio Piersanti di mafiosità, ma non riuscì a dimostrarlo ed evitò due anni di galera grazie a un’amnistia.
Questo solo per dire che la candidatura scelta da Renzi riguardava una persona la quale, con tutto il rispetto che gli si deve per il difficile ruolo che è chiamato a ricoprire, nonché per la sua proverbiale riservatezza, a tutto può far pensare fuorchè a una ventata di rinnovamento.
Alcuni editorialisti di importanti quotidiani, dopo avere intinto la penna nella saliva, hanno fatto un ritratto idilliaco del presidente, della sua famiglia, della sua sobrietà, della sua bontà, della sua semplicità, della sua normalità.

Anche senza saliva, asteniamoci dal catalogare preventivamente la sua azione politica, e aspettiamolo alla prova dei fatti, la sola che potrà autorizzare critiche al suo operato.

Nella foto il neo Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella