mercoledì 30 gennaio 2013
In prossimità del voto...
Negli ultimi anni la classe politica, che già non godeva di troppa considerazione, si è ulteriormente screditata a causa delle troppe ruberie avvenute negli ultimi tempi.
Tuttavia lo scandalo non sta tanto nelle ruberie che, con maggiore o minore intensità, avvengono ovunque.
A mio avviso lo scandalo sta nel fatto che un Referendum del 1993, nel quale il 90,3% dei votanti (ben il 77% degli aventi diritto) aveva stabilito che il finanziamento pubblico ai partiti dovesse cessare, è stato completamente disatteso.
Infatti la locuzione “finanziamento pubblico” è stata sostituita da “rimborso elettorale” ma con una differenza: nel corso degli anni il denaro elargito dallo Stato ai partiti è più che raddoppiato.
Praticamente il volere degli italiani non solo è stato disatteso, ma agli italiani la classe politica ha fatto anche il gesto dell’ombrello.
Questo è, a mio avviso, lo scandalo maggiore, scandalo che ha influito anche sulle ruberie degli ultimi tempi, nel senso che quando la massa di denaro che i partiti ricevono è gigantesca, diventa una tentazione anche per persone che in normali condizioni farebbero a meno di rubare.
Fatta questa premessa, gli elettori si stanno dividendo in tre grandi categorie: coloro che non andranno a votare, coloro che voteranno per i partiti emergenti anti casta, e coloro che voteranno normalmente cercando, col voto, di fare eleggere candidati della forza politica che si avvicina maggiormente al loro modo vedere le cose pensando che, in fondo, è l’unico strumento che hanno per esprimere un parere.
I non votanti
Pensano che il loro rifiuto della politica possa migliorare le cose.
Essi rinunciano a manifestare un’opinione nell’unico momento in cui potrebbe contare qualcosa.
In democrazia non vi è alcun quorum sotto il quale le elezioni non siano valide, perché l’esercizio del voto è un diritto soggettivo che può anche non essere esercitato.
Gli aspiranti al non voto si rimettono perciò alle scelte di chi andrà a votare (in teoria potrebbe essere anche solo il 10% degli aventi diritto) e dovranno accettarle senza criticarle, altrimenti cadrebbero nel ridicolo.
Coloro che, per protesta, voteranno partiti emergenti anti casta
Dimostrano un comportamento attivo, e si batteranno per cambiare le cose.
Se il loro voto contribuirà a fare eleggere gli emergenti, potranno dire, legittimamente, di avere contribuito al rinnovamento della politica.
Resta da vedere se gli “emergenti”, in caso di vittoria, avranno capacità e senso di responsabilità, perché è più facile distruggere che costruire, e governare un paese come l’Italia è un compito molto arduo per chiunque.
Coloro che voteranno normalmente
Difficilmente saranno entusiasti di votare qualcuno, ma si rendono conto che il luogo comune del “tanto sono tutti uguali” è ingannevole.
Se così fosse il liberalismo sarebbe uguale al comunismo, la socialdemocrazia uguale al fascismo e così via, e ciò non è vero perché vi sono grandi differenze.
Pertanto voteranno per chi si avvicina maggiormente, o si discosta meno, dal loro modo di concepire la convivenza civile.
Chi di loro vorrà una società nella quale vi sia una forte presenza dello Stato, il quale deve gestire direttamente più cose che può, e deve inoltre guidare, educare e, all’occorrenza, punire il cittadino suddito, voterà per la galassia dei partiti della sinistra, ma potrà anche votare per la “Lista Monti”.
Infatti il bocconiano, nell’anno in cui ha guidato il governo, si è distinto nel varare provvedimenti che con il liberalismo non hanno nulla a che fare.
A titolo di esempio citiamo i provvedimenti-cardine del suo governo: l’aumento di accise sulla benzina; l’inasprimento dell’imposta patrimoniale sugli immobili; la reintroduzione (raddoppiata e in alcuni casi triplicata) dell’imposta patrimoniale sulla casa di abitazione.
Chi di loro vorrà una società libera in cui lo Stato è al servizio dei cittadini, che possono fare quello che vogliono con l’unico vincolo di rispettare le leggi esistenti, e in cui lo Stato interviene direttamente per gestire un servizio solo quando la società non vi riesce, cercherà di votare la forza politica che abbia nel suo DNA e nei suoi programmi il maggior tasso di liberalismo, che in Italia è sempre stato visto come il fumo negli occhi.
Infatti la cultura dominante nel dopoguerra, suddivisa fra socialcomunismo e cattolicesimo, ha sempre propinato l’equazione che il liberalismo servisse ai ricchi per mantenere antichi privilegi, mentre è il contrario: il liberalismo consente a tutti perfetta uguaglianza ma non alla linea del traguardo, come vuole il comunismo, bensì ai blocchi di partenza.
Attualmente il maggior tasso di liberalismo è ravvisabile nel PDL, soprattutto nella componente che faceva capo a Forza Italia.
Infatti la quota di Alleanza Nazionale confluita nel PDL proveniva dal MSI, che dai principi liberali era molto lontano.
Un certo tasso di liberalismo è presente anche nella Lega Nord, anche se non sempre è visibile.
Altre tracce di liberalismo, se vi sono, si fa fatica a vederle.
La più bella del mondo
Quelli della mia generazione ricordano una canzone stupenda, cantata da Don Marino Barreto Jr, un cantante mulatto dalla voce dolcissima.
Era contenuta in un disco Long Playing, novità assoluta per quei tempi, che viaggiava a 33 giri al minuto potendo così contenere molti pezzi.
Il titolo della canzone era “La più bella del mondo” e il ritornello iniziava così: “tu sei per me la più bella del mondo e un amore profondo mi lega a te”.
Quando ho sentito la pubblicità televisiva di una trasmissione dallo stesso titolo, ho ripreso a canticchiare la citata canzone, dopo un’interruzione di 50 anni.
Poi ho capito che si trattava di una trasmissione dedicata alla nostra Costituzione che veniva considerata, per l’appunto, la più bella del mondo.
Non ho visto la trasmissione, ma il titolo dice tutto, e vorrei fare alcune considerazioni.
La nostra Costituzione è stata varata nel 1947, all’indomani di una guerra perduta malamente, tragico epilogo di vent’anni di dittatura.
I drammatici eventi erano ancora recenti, e i costituenti misero in atto tutte le misure che potessero scongiurare il ripetersi di un regime autoritario.
L’obiettivo venne raggiunto, ma al prezzo di rendere il paese ingovernabile a causa di istituti che complicano il funzionamento della macchina statale come, a titolo di esempio, il bicameralismo perfetto.
Si tratta di un istituto che prevede che una legge, per essere valida, debba essere approvata nella stesura identica dalle due Camere: se una vi apporta una modifica, la legge deve ritornare all’altra camera la quale, se vuole aggiungere un comma, dovrà rimandarla alla precedente Camera.
Vi sono stati disegni di legge che, palleggiati da un ramo all’altro del Parlamento per una dozzina di volte, somigliavano più a palline da ping pong che a testi legislativi.
Proprio per tentare di limitare queste lungaggini, vi è un ricorso eccessivo ai decreti legge che, lo dice proprio la Costituzione, dovrebbero essere utilizzati solo in rari casi di urgenza.
Per non parlare del numero dei parlamentari: in Italia sono 945 per 60 milioni di abitanti, mentre negli U.S.A sono 535 per 300 milioni di abitanti.
E, come non bastasse, ogni Presidente della Repubblica “può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”.
In virtù di questa facoltà del presidente di turno, attualmente i parlamentari sono 952, e l’ultimo ad essere stato insignito del laticlavio è il professore Monti, anche se ci sfugge in che modo abbia illustrato la Patria per altissimi meriti.
E che dire dell’attuale ordinamento giudiziario, nel quale i magistrati inquirenti e quelli giudicanti lavorano nelle stesse sedi, cenano spesso insieme e si scambiano messaggi sui procedimenti in corso?
Cosa ne è del principio della terzietà del giudice giudicante?
Non parliamo poi del fatto che, in barba al volere dell’80,2% degli italiani espresso attraverso un referendum del 1987, i giudici non devono mai rispondere in sede civile per errori commessi con dolo o colpa grave.
Questi ed altri aspetti rendono la nostra costituzione non più al passo coi tempi, tanto che una sua revisione è auspicata, almeno a parole, da quasi tutte le forze politiche.
E allora che senso ha una trasmissione, sulla TV di Stato, nella quale un comico superpagato ci spiega come siamo fortunati ad avere una Costituzione ormai obsoleta?
Pagare il canone alla RAI, che spende milioni di euro in questo modo, diventa una pratica sempre più indigesta.
Oggi nasce il mio nuovo blog intitolato “L’opinione”.
Conterrà interventi che potranno spaziare dalla cronaca locale a quella nazionale, ma potranno anche riguardare approfondimenti di fatti appartenenti alla Storia della nostra comunità, locale o nazionale.
L'opinione è aperto a tutti, e ognuno potrà intervenire per dire la sua.
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