martedì 26 aprile 2016
giovedì 21 aprile 2016
venerdì 15 aprile 2016
venerdì 8 aprile 2016
2166 firme anti fusione
Il giorno 6 aprile scorso ha avuto luogo, al Roadhouse
Grill, una conferenza stampa indetta dal “Comitato
Spilamberto no fusione” per fare il punto della situazione a conclusione
della raccolta di firme destinate a contrastare la fusione dei Comuni.
Il numero di firme, molto atteso, è stato svelato: 2166 raccolte
in 57 giorni.
Si tratta di un numero di firme ragguardevole, in un paese
di poco più di 12000 abitanti nel quale, alle ultime elezioni regionali, i
votanti sono stati 3872.
Senza contare il cosiddetto effetto moltiplicatore, per il
quale ad ogni firma si aggiunge almeno un familiare.
È stata anche un’occasione per ribadire i principali motivi
che hanno indotto un gruppo di 28 cittadini di Spilamberto ad unirsi per
formare il Comitato Spilamberto no fusione: un gruppo molto eterogeneo, formato
da persone con storie personali e con opinioni talvolta molto diverse fra loro
ma con un collante che li unisce: la difesa della Storia della Comunità di
Spilamberto.
Si è parlato diffusamente degli aspetti economici della
vicenda, dal momento che i promotori del progetto di fusione dichiarano di volere
fare risparmiare denaro ai Comuni interessati.
Il Comitato ribadisce e spiega che un Comune Unico di 90
mila abitanti costerebbe ai cittadini più dei singoli Comuni attuali.
Vi sono infatti studi del Ministero dell’Interno, che ho già
pubblicato su questo blog allegati al post “Il
liquidatore 2” del 28 ottobre 2015, che stabiliscono che i Comuni ideali,
quelli cioè che hanno il costo pro-capite più basso per il funzionamento della
macchina comunale, sono quelli compresi fra 5000 e 20000 abitanti: al di sotto
e al di sopra di questa fascia i costi aumentano progressivamente. Non a caso
il citato studio del Ministero ipotizza i benefici derivanti dall’accorpamento solo
dei Comuni al di sotto dei 3000 abitanti per arrivare, possibilmente, sui 5 o 6
mila.
Da un punto di vista economico è pertanto inopportuno
sopprimere un Comune come Spilamberto che, con 12000 abitanti, rientra nella
fascia più virtuosa.
Circa i contributi che lo Stato verserebbe in caso di
fusione, forse non bastano nemmeno a coprire le spese per il riassetto degli
edifici dei vari Comuni che cambiano destinazione, per l’adeguamento del
sistema informatico in rete e quant’altro, e inoltre durano solo 10 anni, dopodichè
il mega-Comune sarebbe più costoso e più lontano dai cittadini.
E’ stato poi sottolineato che l’eventuale fusione
relegherebbe il Comune di Spilamberto, un paese con ottocento anni di Storia,
al ruolo di località, un paese dormitorio senz’anima e senza Storia.
Infine il Comitato ha indicato le prossime mosse in cantiere.
Ai consiglieri comunali chiede di non votare ipotesi di
fusione, per la quale vi è un evidente deficit di Mandato.
Infatti, della fusione non vi è traccia non solo nel
programma elettorale dell’attuale amministrazione, ma nemmeno nel Programma di
Mandato votato dall’attuale Consiglio comunale nel settembre 2014.
Alle autorità regionali chiede di rispettare l’esito dei
referendun dei singoli Comuni.
Infine il Comitato non esclude un possibile ricorso al TAR e/o
alla Corte Costituzionale se la situazione dovesse richiederlo.
Erano presenti alcuni giornali e tv locali che hanno
divulgato quanto emerso nella conferenza stampa, mentre il Comitato era
rappresentato da una delegazione di sei componenti guidati da Omer Bonezzi (al centro nella foto).
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